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Il mortale flagello dei libri

[Ai vescovi] «Si deve lottare accanitamente … al fine di estirpare la mortifera peste dei libri; non potrà infatti essere eliminata la materia dell’errore fino a quando gli elementi facinorosi di pravità non periscano bruciati; … dove sia il caso implorate l’avita pietà dei Principi cattolici …[perché] frenino e distruggano energicamente gli uomini malvagi» (Clemente XIII, Christianae reipublicae, 1766).

«l’Indice rimane moralmente impegnativo, in quanto ammonisce la coscienza dei cristiani a guardarsi … da quegli scritti che possono mettere in pericolo la fede e i costumi; ma… non ha più forza di legge ecclesiastica con le annesse censure»  (Congregazione per la dottrina della fede, Notificazione riguardante l’abolizione dell’Indice dei libri, 1966).

La Chiesa stabilì fin dai primi secoli che la libertà di espressione deve essere impedita con la forza se contrasta «con la fede, la Religione, i buoni costumi e non rispecchi l’onestà cristiana» (Christianae reipublicae , cit.). Il concilio di Nicea del 325 ordinò di bruciare tutti i libri di Ario e uccidere chi li nascondeva. Il rogo dei libri proibiti continuò per tutto il medioevo e con l’inquisizione s’accompagnò spesso a quello dei loro autori.

Anche in seguito, finché sono esistiti stati confessionali, i papi hanno invocato l’intervento repressivo dell’autorità per «distruggere quel mortale flagello dei libri» (Pio VII, Diu satis, 1800) e contrastare «quella pessima, né mai abbastanza esecrata ed aborrita “libertà della stampa”» (Gregorio XVI, Mirari vos, 1832).

Nel 1559 fu creato inoltre l’Indice dei libri proibiti: leggerli era ritenuto peccato mortale e possederli, specie per una persona in fama d’eresia, poteva essere «motivo sufficiente per torturarlo allo scopo di conoscere i suoi complici, se crede al contenuto di quei libri e se ha insegnato quelle eresie» (C. Carena, Tractatus de officio Sanctissimae Inquisitionis, 1669).

L’Indice non c’è più. E il resto?
La Chiesa, in quanto «costituita da Dio maestra infallibile e guida sicura dei fedeli» (Merry del Val, intr. all’Indice, 1929), continua a ritenere ancora oggi suo diritto stabilire quali libri siano leciti e quali no. Nel 1966 tuttavia ha abolito l’Indice. Ma non ha chiarito se ritiene ancora giusto o se sconfessa quanto ha insegnato (oltre che praticato) per sedici secoli, ossia che «non potrà essere eliminata la materia dell’errore fino a quando gli elementi facinorosi di pravità non periscano bruciati» con l’aiuto «dei prìncipi cattolici», i quali «non senza motivo portano la spada» (Clemente XIII).

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