Bush, George
In un articolo su la Repubblica del 2 aprile 2003 Francesca Caferri riporta la cronaca di una giornata del Presidente Bush in guerra, così come raccontata da fonti del suo staff al quotidiano Usa Today.
Sveglia molto mattutina,
alle sei della mattina.
Già al telefono è in attesa
la leggiadra Condoleezza
che lo aggiorna sulla notte:
“Ne abbiam fatti fuori a frotte,
di soldati neanche tanti,
perché sparan ‘sti furfanti,
ma famiglie coi bambini,
tante, pur nei mercatini.”
Tutti i giorni prega molto
del buon Dio sempre in ascolto,
come un vero missionario.
Dopo ascolta un notiziario
e consulta i quotidiani
per sondar gli americani.
Alle otto la riunione
con l’intelligence: finzione!
Ché l’intelligence non c’è,
dappertutto sta fuorché
nella casa del texano,
presidente americano.
Alle dieci c’è in attesa
il ministro alla Difesa,
Rumsfeld, che ha con sé portato,
oltre al Risiko, un trattato
sulla guerra nel deserto,
nuovo, intonso, mai aperto.
Ecco Franks al cellulare:
“Rumsfeld, porco, và a cagare,
ci hai mandato allo sbaraglio:
ti sei preso un bell’abbaglio,
niente atomiche e veleni,
qui ci son solo iracheni
che ci sparan, porca troia,
tanta sabbia e un caldo boia!”
Poi l’esperto militare
che dovrebbe indottrinare
il cowboy che si trastulla,
ma di guerra non sa nulla.
Chiuso nello studio ovale,
forse un dubbio Bush assale:
il buon Clinton vide giusto.
Senza tutto ‘sto trambusto,
stava chiuso tutto il giorno
senza tanti esperti intorno,
una sola, vera esperta:
la Lewinsky, a bocca aperta!
Dopo pranzo, un altro giro
fa il cowboy senza respiro.
Dopo cena, a letto in fretta:
prega Dio, fa la toeletta,
con la bianca camiciola
corre sotto le lenzuola.
Alle dieci, luce spenta,
neanche Laura fa contenta.