L’etica non ha colore
Prefazione di Diego Novelli
Due sono state le perplessità che mi hanno trattenuto a dire subito di sì all’amico Carlo Cornaglia quando mi ha portato il testo di quest’ultima sua fatica “poeticopolitica” (dopo i successi di “Qui finisce l’avventura” e “Sua Presidenza) per chiedermi di scrivergli una breve prefazione. La prima perplessità è stata, direi, di tipo caratteriale. Semplicemente non amo i tuttologi, coloro che ponzano, parlano e scrivono di tutto e di tutti. Tanto più che in vita mia, pur avendo iniziato a meno di vent’anni la professione del cronista, non ho mai scritto un solo verso, una solitaria filastrocca. Il timore poi che qualche vecchio torinese potesse dire “a l’è turna si”, considerandomi ingombrante, mi imponeva discrezione.
La seconda perplessità è stata di natura politica. Nell’indice di questo divertente, ma allo stesso tempo, amaro libro, figurano uomini e fatti presi di mira dall’ironia di Cornaglia che secondo un antico e forse malinteso senso dell’appartenenza, stanno dalla mia parte, diciamo di quella sinistra nella quale milito da quando non vestivo alla marinara, come una celebre signora subalpina, ma portavo, come allora usavano i ragazzi, i calzoni alla zuava.
Questo libro giunge in libreria alla vigilia di una delle più difficili e tormentate campagne elettorali della nostra Repubblica. Prima del fatidico giorno dell’apertura delle urne, sono fermamente convinto che ne vedremo ancora di tutti i colori, come d’altra parte la storia di questi ultimi cinque anni può testimoniare. Portare anche un solo secchio d’acqua al mulino della parte sbagliata – mi sono detto – sarebbe imperdonabile.
Poi ho letto le cento cartelle di questi “Novanta personaggi in cerca di pudore”, ed ho avvertito la forte tensione morale che ha animato l’autore. L’etica non ha colore. Non è un testo qualunquista. Cornaglia non considera destra e sinistra la stessa cosa e per lui i politici non sono tutti uguali.
La sua socratica ironia, quando finge di non sapere, è illuminante per capire ciò che sta accadendo oggi in Italia. I guasti prodotti nel tessuto democratico e civile dalla politica spettacolo, dalla turbopolitica, sono molto più profondi di quanto si possa immaginare. Con il voto del prossimo aprile non sarà sufficiente mandare a casa il Cavaliere. Si tratta di invertire la corrente del vento che soffia dalle Alpi alla Sicilia, per spazzare via la diffusa sottocultura del berlusconismo che ogni giorno invade le nostre case. “Il grande inciucio”, per citare uno dei capitoli di Cornaglia, è uno dei rischi più pericolosi che corriamo, favorito anche da una legge elettorale truffaldina. E non dimentichiamo che si tratta di un male antico, che ha radici lontane, nato proprio qui, a Torino, (“città di primati”, è stato scritto, “333 volte prima in Italia”): il “connubio” inventato da Cavour con Rattazzi. Qualcuno spera nella “Grosse Koalition” all’amatriciana! Cornaglia è un cittadino che vivaiddio ancora s’indigna e che coi suoi ottonari in rima baciata, ci fa intendere senza infingimenti che abbiamo bisogno di tanto rigore, di coerenza, di moralità.
La questione morale assume per lui un valore determinante, irrinunciabile, prioritario quale premessa a ogni tipo di discorso sulle alleanze politiche, sugli schieramenti. Questione morale quale modo di concepire la politica non soltanto a livello teorico, ma nella prassi, nel costume, nella pratica quotidiana: politica quale impegno civile; politica quale scelta di vita individuale e collettiva nel quadro di un processo animato da un movimento ideale. Non politica come intrigo; non politica come affarismo, tornaconto personale, arrembaggio; non politica come opportunità per la scalata sociale ed economica, come semplice occupazione del potere. Politica, invece, come possibilità di coltivare le proprie idee e svilupparle nel confronto, per metterle in atto.
Carlo Cornaglia, da laico non fanatico, crede profondamente nei valori dell’uomo giusto, e lo esplicita nella sua limpida dedica ai lettori. Crede in un modello del mondo capace di rispettare, di soddisfare e promuovere le esigenze e le aspirazioni degli uomini in società.
Diego Novelli
Dedica
L’autore dedica questo libro a chi afferma che i politici sono tutti eguali. Non tragga in inganno il fatto che fra i personaggi illustrati ce ne siano anche parecchi della cosiddetta opposizione. Sono casi contingenti, da non generalizzare.
A chi pensa che un imprenditore che ha ottenuto grandi risultati, magari con piccole e sistematiche deviazioni dalla retta via, possa ripetere l’exploit a favore del proprio paese, tralasciando improvvisamente di farsi i propri interessi.
A chi condivide l’affermazione che i giudici debbano giudicare, non secondo la legge, ma secondo il comune sentire del popolo, a chi è convinto che con la mafia si debba convivere e a chi non vuole intendere la differenza fra prescrizione di un reato e assoluzione da un reato.
A coloro che pensano che la scuola sia un’impresa, che sviluppare una mente sia come costruire un motore, che una fila di banchi sia come una catena di montaggio o, ancora, che Darwin sia uno pseudo scienziato allucinato e sovversivo che si fa passare per esperto televisivo.
A coloro che si sono dimenticati che il potere temporale dei papi è finito nel 1870, che un Concordato vale per entrambi i contraenti e che pensano che la breccia di Porta Pia sia a suo tempo stata aperta dagli assediati per invadere l’Italia. Gli stessi che ritengono che una coppia di fatto che, per legge, non può praticare la fecondazione assistita, possa, invece, adottare un embrione da anni conservato in un frigo, perdendo così la sua qualità di coppia di fatto.
A chi pensa che la democrazia possa essere esportata e per di più con la forza e a chi, credente, è convinto che il proprio Dio sia migliore di quello degli altri.
A coloro che affermano che la gestione dei beni culturali deve essere improntata a logiche imprenditoriali che producano reddito, che considerano l’evasione fiscale come una furbizia del tutto giustificata ed approvano ogni condono.
Ed ancora a chi apprezza l’Isola dei famosi, segue sistematicamente il processo di Cogne a Porta a porta e guarda Domenica in in un bel pomeriggio di sole, piuttosto che portare figli o nipoti, nel frattempo impegnati con la play station, a respirare aria buona nei parchi della città.
Ed infine a coloro che credono che molti pensionati ben pasciuti, smessi gli abiti eleganti che indossano normalmente, salgano sul tram ogni mattina, coperti di stracci, per denigrare rumorosamente il governo che non li fa arrivare alla fine del mese, sovvenzionati a tal fine dai comunisti. Gli stessi, probabilmente, che parcheggiano in doppia fila, vuotano a terra il portacenere al semaforo, credono che Berlusconi sia un benefattore, Giovanardi un ministro, Calderoli uno statista riformatore, Previti un perseguitato, Dell’Utri un bibliofilo modello e il Buttiglione cacciato dall’Europa un martire cristiano dato in pasto ai leoni.
A tutti loro, buona lettura.
Carlo Cornaglia