Il fallimento di Monti è arrivato da lontano.
(il Fatto Quotidiano, 6 giugno 2013)
Pisanu. “Scelta Civica è fallita, i moderati guardino altrove”.
(la Repubblica, 18 giugno 2013)
“Io, incompreso”: il triste destino del Monti dimenticato.
(il Fatto Quotidiano, 19 giugno 2013)
Resa dei conti fra Monti e Casini. “Udc e Scelta Civica, che delusione”.
(la Repubblica, 22 giugno 2013)
Monti fa il verso a Renzi: “Il governo così non va”.
(il Fatto Quotidiano, 1 luglio 2013)
Napolitano mette in riga sia Monti che Grasso.
(il Fatto Quotidiano, 2 luglio 2013)
Scelta Civica spaccata a metà sull’Udc. 7 a favore del divorzio, 7 contrari.
(la Repubblica, 5 luglio 2013)
Monti addio, Montezemolo riparte da solo.
(il Fatto Quotidiano, 5 luglio 2013)
Un flop tira l’altro
Nel disastro che ci ammanta
la soddisfazione è tanta
nel veder che fine fece
Monti al qual spetta una prece.
Salvator! Com’è ben noto,
senza un’urna, senza un voto,
con democrazia ferita
da chi senatore a vita
volle farlo e poi premier
con la convinzione che
dei mal fosse panacea.
“Presidente, folle idea
la salvezza del Paese
affidare a chi difese
nella vita, fino a ieri,
gli interessi dei banchieri,
dei riccon, della finanza!”
Il campion menò la danza
arricchendo chi era ricco
e vieppiù mandando a picco,
coi sistemi alla Fornero,
che era povero davvero.
Alla fin fu così folle
da lasciar perdere il Colle
per sfidare gli elettori.
Alleato coi peggiori,
coi padroni, coi fascisti,
con i vecchi democristi,
Monrezemolo, Fli, Fini
e Caltagiron Casini,
le elezion furono un flop
per quest’uomo sempre al top:
dell’economia il portento
si fermò al dieci per cento.
Coi cul più delle poltrone
scoppiò la rivoluzione,
con litigi a non finire.
Fini fu il primo a fuggire
fra le braccia della bionda.
Tutto il resto è baraonda.
Montezemolo ha capito
che non è un granché il partito
e un domani gli assicura
sol la sua Italia futura.
Fra Casini e il bocconiano
il litigio è quotidiano,
il dc vuol la fusione,
mentre il professor si oppone:
“Niente nozze per adesso,
prima vengono il congresso,
la struttura e le adesioni.
Gli Udc stian zitti e buoni,
sol più tardi si vedrà”.
I furbastri, in verità,
han ciascuno la sua mira.
Il dc Casini aspira
a tornare col caimano:
sa che per un deretano
sempre in cerca di poltrona
è una soluzione buona.
Mario Monti, che ha scoperto
che il futuro è molto incerto
per chi non ramazza voti,
vuol raccogliere i devoti
da portar, tutti in corteo,
a raggiungere Matteo:
Renzi voti ne otterrà,
perciò è meglio andare là.
Nel frattempo l’ex premier,
per mostrar che ancora c’è,
se la prende con Enrico:
“Caro Letta, sai che dico?
Cambia marcia o ti lasciamo!”
Ma nessuno abbocca all’amo
se perfin dal Quirinale
giunge un lazzo senza eguale:
“Mario Monti che minaccia?
Penso che non ce la faccia…”.
La sua storia è tutta qui:
dove andò sempre fallì.
blog MicroMega, 9 luglio 2013
Tra Monte Citorio e i Monti Renzi
Mario Monti, fedele servitore
della Patria e di Nobili Ideali,
per un anno ha frullato i genitali
all’Italia nel nome del rigore.
Poi vestito da Mario il Buon Pastore,
coadiuvato da mitici sodali,
s’è buttato tra i flutti elettorali
per mendare l’Italia dall’Errore.
Ora, forte del fulgido trionfo,
detta legge nella gros-coalizione
perché lui c’ha in saccoccia l’evangelo.
E però non è pago il sauroponfo:
anche a Renzi vuol montare in arcione.
Farà il superministro allo Sfacelo.