Violante, voce del verbo violare

Luciano Violante, la Magna Charta degli impuniti.
(il Fatto Quotidiano, 30 marzo 2017)
Violare, violando, Violante.
(il Fatto Quotidiano, 31 marzo 2017)

Violante, voce del verbo violare

Nell’arena giudiziaria
fu davvero straordinaria
la vicenda di Violante:
magistrato martellante,

paladin della galera
ad inizio di carriera,
man man che il tempo è passato
si è Violante trasformato

da formal giustizialista
a perfetto garantista,
da guardiano della legge
a chi i malfattor protegge.

Fu lui che scrisse ogni riga
dell’impeachment di Cossiga
che a quel tempo interveniva
in maniera molto attiva

sui poteri dello Stato,
cosa che ha poi replicato
all’ennesima potenza
Giorgio Re, Sua Prepotenza,

con il plauso di Violante.
Difensor fu gongolante
del Pool di Mani pulite,
tanto che per le sue uscite

detto fu in parole dure
boss del team delle Procure.
Quando Silvio scese in campo
costui definì in un lampo

il partito del forzista
come banda piduista
pronta ad atti spaventosi
con l’aiuto dei mafiosi.

Quando i ladri hanno poi vinto
e divenne il caro estinto
l’entusiasmo della gente
per la legge ormai perdente

incarnata da Di Pietro,
una lesta marcia indietro
da Violante fu innestata
per far il capo cordata

del ploton di garantisti
a sostegno dei forzisti.
Del caimano fu il lacchè,
difensor dei suoi danè,

ne scomunicò i processi,
sponsor fu dei suoi interessi
e con Mediaset fraterno,
motor di un inciucio eterno.

Lodò la bicamerale,
mix di rosso e radicale,
di D’Alema e di Boato
fatta contro il magistrato.

Fece guerra alle Procure
per le ignobili brutture
sui politici a processo.
“Processare non è ammesso

le alte cariche di Stato!”
Duramente ha condannato
la Procura di Palermo
per l’atteggiamento fermo

preso verso il Quirinale:
“E’ un’azione criminale
quella di Marco Travaglio
che ha Re Giorgio per bersaglio

e sul Fatto Quotidiano
ogni giorno fa baccano!
Spinger la magistratura
a far guerra addirittura

alle Istituzion di Stato
è un’azion da scellerato,
ben vicina all’eversione!”
proclamò il saggio fellone.

Sulla legge Severino
con il suo cervello fino
si schierò da scudo umano
a difesa del caimano.

“Questa legge è un gran bidone,
fuor della Costituzione,
non può esser retroattiva!”
Ma la Corte fu cattiva

e la legge confermò.
E’ finita? Ancora no,
poiché spunta Minzolini
che ha abusato dei quattrini

in missione per la Rai.
Nonostante gli alti lai,
vale ancor la Severino
e pertanto il poverino

deve uscire dal Senato.
Ma il Pd si è rifiutato
di avvallare la sentenza
e vi resta Sua Indecenza,

per la gioia di Violante
che sentenzia delirante:
“Ove il Codice penale
della pubblica morale

diventasse Magna Charta,
certo arriveremmo in quarta
a un vil autoritarismo
e a un feral giustizialismo!”

“La creazione autoritaria
di un’Italia giudiziaria
che al galoppo sta arrivando
è un pericolo nefando!”

La morale toglie il fiato:
“Chi partì da magistrato
ora sta con malfattori,
deputati e senatori

ed onore e disciplina
son finiti, ahimè, in rovina,
fuor della Costituzione
anche grazie a ‘sto cialtrone!”

blog MicroMega, 18 aprile 2017

Mister Voucher

Poletti: “Per trovare un posto il calcetto meglio dei curricula”. La gaffe a Bologna.
(il Fatto Quotidiano, 28 marzo 2017)
Poletti, il ministro che le spara alte.
(il Fatto Quotidiano, 30 marzo 2017)
Non studiate più: il vostro futuro è fare politica.
(il Fatto Quotidiano, 31 marzo 2017)

Mister Voucher

Partì da perito agrario,
per un po’ sbarcò il lunario
da cooperativo rosso,
poi da Renzi fu promosso

a ministro, nientemeno,
implacabilmente osceno,
ché Poletti è un gran negriero,
peggio assai della Fornero,

sembra un emilian burlone,
ma è un famiglio del padrone.
Del Jobs Act della prim’ora,
dignità per chi lavora,

formazione permanente,
green economy ed ambiente,
welfare, piani per la casa,
riesce a far tabula rasa.

Come ha fatto la Madia,
pc, mouse e: pronti via!
parte con il copia-incolla
ed il suo Jobs Act decolla.

Guarda caso, sono eguali
i voler confindustriali
e le norme di Poletti
con i loro tristi effetti:

tanti soldi in più ai padroni
per aver false assunzioni
e tutele non crescenti,
ma brutal licenziamenti

dei lavoratori schiavi
alla fine degli sgravi.
Da Poletti vien sparata
ogni giorno un cazzata:

“I cervelli che van via
ci riempion di allegria
e esultiamo come pazzi
nel veder questi ragazzi

al lavoro in altre sedi,
senza starci qui fra i piedi.
Chi riman non è un pistola!”
“L’alternar lavoro e scuola

fa assai bene agli studenti
che lavorano contenti
rinunciando alle vacanze
e a pur misere spettanze.

Friggere le patatine
e impilar le merendine
è il sistema più sicuro
per formarli ad un futuro

da precari, voucheristi,
pizzaiol, telefonisti!”
Ed infin la più recente
del ministro più indecente:

“Giovani, ascoltate me:
il curriculum non è,
come un dì, la chiave d’oro
per trovare un buon lavoro.

Un incontro di calcetto
è l’approccio più diretto
per trovar la gente giusta
che una spinta dia, robusta,

a chi pensa al suo futuro”.
Scorda forse il vil figuro
le montagne di scemenze
del ducetto di Firenze?

“E’ il curriculum che vale,
non l’aiuto di un sodale!”
“E’ la meritocrazia
che a ciascun apre la via!”

No! Ha mentito anche il ducetto:
Lotti è amico di calcetto,
il Dell’Orto della Rai,
il fedel Marco Carrai,

D’Angelis, Boschi, Marroni,
la Manzion, Bianchi, Vannoni,
tutti quelli che ha piazzato
dentro i gangli dello Stato,

son gli amici di una vita,
power alla ribollita!
Guardar la fotografia
dov’è in lieta compagnia

con quel Salvatore Buzzi
che di mafia par che puzzi,
se le accuse vanno in porto,
fa venire lo sconforto!

Che dir quindi di Poletti,
il più inetto fra gli inetti?
E’ un ministro che fa orrore,
un mix fra Blair e Briatore. (1)

(1) Copyright Daniela Ranieri

blog MicroMega, 10 aprile 2017

Ave Madia

Madia e la tesi fabbricata col copia-incolla.
(il Fatto Quotidiano, 28 marzo 2017)
Madia, dottorato con 4mila parole copiate nella tesi.
(ibidem)
Plagio accademico, nei paesi civili i politici si dimettono.
(il Fatto Quotidiano, 29 marzo 2017)
Ave Madia, il culto per la Marianna: rottamò sei maestri. Da Veltroni a D’Alema passando per Minoli e poi Letta, Bersani fino a Renzi: la deputata per caso che resiste a tutti. L’illuminazione a Medjugorje.
(ibidem)
Madia, ecco le nuove furbate. Non solo la tesi: copiature anche negli articoli scientifici.
(il Fatto Quotidiano, 30 marzo 2017)

Ave Madia

Pellegrina a Medjugorje,
oculata negli amori,
di un figliolo già morosa
di Re Giorgio, fascinosa

espression botticelliana
ed amazzone renziana.
Favolosa la scalata
che in due lustri l’ha portata

da studente forte in plagio
alle stanze del palagio.
Transitò dalla tivù
di Minoli alla tribù

del prodiano Enrico Letta,
democrista mammoletta
che la disse straordinaria.
Veltroniana leggendaria,

grazie a Walter nominata
capolista ed approdata
alla Camera nell’otto,
conquistò quasi di botto,

senza farsi alcun problema,
anche Massimo D’Alema.
Poi, nel tredici, Bersani:
Madia fu tra i bersaniani

contro Renzi assai agguerrita.
Ma si è subito pentita:
“Per l’Italia Renzi è manna!”
proclamò lesta Marianna,

Peppa Pig mostrando al figlio.
Presidente del Consiglio
Renzi appena diventato,
di Madia si è ricordato

nominandola ministra
di un governo di sinistra
che va a destra di straforo.
Delle lodi si alzò il coro:

“Tra poppate e notti in bianco
con la figlioletta al fianco,
un bel frugoletto rosa,
una mamma premurosa

finalmente va al governo!
A Matteo lode in eterno!”
“La Madia, la Mogherini,
la Pinotti, Boschi e affini,

finalmente la gens nova,
non le Ruby nell’alcova!”
“Finalmente cade un muro
e la via verso il futuro

si spalanca alla Nazione
grazie a mamme col pancione!”
La Madia cosa farà?
La ministra alla P.A.,

l’amministrazion statale
che imprigiona lo Stivale
dagli albori dello Stato.
Matteo Renzi si è impegnato:

“Con la guerra di Marianna,
che con i suoi artigli azzanna
i furbetti negligenti
a suon di licenziamenti,

scambiam la burocrazia
con la meritocrazia!”
Abbiam visto come è andata:
la riforma fu bocciata,

dando smacco alla virgulta,
per metà dalla Consulta,
per metà dai dirigenti
a salvare il culo intenti.

Ma non è finita qui,
poiché il Fatto, ahimè, scoprì
che la tesi di Marianna
qualche software non inganna:

tante pagine copiate,
frasi non virgolettate,
se non plagio, gli somiglia
quella tesi meraviglia.

Chi agitando i boccoletti
andò a caccia di furbetti
fu furbetta più di loro
per il suo capolavoro.

Conclusion: “Ave Madia,
della vil burocrazia
celestial rottamatrice
e, ma questo non si dice,

laureata copia-incolla
che, negando, caracolla
fra l’ostinazion di un mulo
e una presa per il culo”.

blog MicroMega, 3 aprile 2017

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