Retromarcia su Roma.
(L’Espresso, 15 gennaio 2023)
La lunga sequela di dietrofront della Draghetta
Il governo ha compiuto cento giorni,
sol fumo senza arrosto né contorni,
tante parole, tanti bla bla bla
ma senza trionfalismi e hip hip urrà.
Finita la campagna elettorale,
Giorgia parla con tono colloquiale
senza proclami e conferenze stampa,
senza minacce da missile in rampa.
La premier guarda Ursula in cagnesco
ma poi regala un angelo a Francesco,
fa lo spoil system ma senza machete
ed in poche occasioni arriva a rete.
Mentre sui social dice quel che vuole
evita dei cronisti le tagliole
mettendo in mostra la sua qualità:
far marcia indietro con abilità.
Dei dietrofront è lunga la sequela
e l’aggressività si fa cautela:
all’obbligo del Pos voleva un tetto
ma della Ue accetta poi il verdetto.
Gli euro sessanta a trenta son discesi
per poi sparire all’ultima cosmesi.
Il decreto sui rave da terremoto
è diventato quasi un guscio vuoto
con effetti assai men calamitosi.
Salvato per salvare Piantedosi.
Sui migranti all’inizio fuoco e fiamme
sull’orme del Salvini jamme jamme
ma, con Macron scoppiata la procella,
l’intervento del cauto Mattarella
ha messo in luce ben che non comanda
della Lega la perigliosa banda.
Porti chiusi? Non se ne parla più
ma muoiono i migranti nel mar blu
grazie ai lacci e ai lacciuoli alle Ong
che non son più dei comodi tassì.
Altro gran passo indietro sulle accise.
Giorgia disse parole ben precise
quand’era leader dell’opposizione:
“Se sarò del governo capoccione
le accise calerò sulla benzina!”
Le aumenta invece e dice birichina:
“Lo sconto era a vantaggio degli abbienti!”
La morale su questi arretramenti?
Temevano il pericolo fascista
e ci troviam con una democrista
che la marcia su Roma fa all’indietro.
“Seguitemi se avanzo ma se arretro
uccidetemi!” disse fiero il Duce.
Il popolo italiano è meno truce
e preferisce le buone maniere:
basta un gentile calcio nel sedere.
pubblicata su Domani del 24 gennaio 2023