Il meglio del bigoncio

Il sondaggio Demos. Lega primo partito, M5S in calo, fiducia record nel governo. Il Carroccio oltre il 30%, mentre i grillini perdono tre punti rispetto alle politiche. Ma Di Maio cresce in popolarità. Esecutivo promosso dal 62%. Il Pd fermo al 17%. Bene Gentiloni, male Renzi.
(la Repubblica, 15 settembre2018)

Il meglio del bigoncio

I popocorn sono finiti
e riprende i vecchi riti
il ducetto di Rignano.
Aspettò finora invano

che qualcuno lo chiamasse,
lo invocassero le masse
per le quali è stato un mito
ma nessuno si è sentito.

Cosicché il prode Matteo
per tornare all’apogeo
scende in pista e a mosse leste
va dell’Unità alle feste.

Dopo il buio vien l’aurora,
i suoi fan ci sono ancora!
E riprende a predicare,
a schernire e a sbeffeggiare,

è sicuro: con l’azzanno
i sondaggi saliranno.
Demos, c’è il primo sondaggio
e Matteo vede il miraggio

d’esser ritornato in testa.
“Pronti via, facciamo festa!”
Ma non ha capito niente,
primo è Conte, il presidente,

premier che non fa rumore
di un governo che fa orrore.
“Vuol dir che sarò secondo,
non è certo il finimondo”.

No, secondo c’è Salvini,
uom dai modi sopraffini
e brutal peracottaro
ma per gli italiani un faro.

“Sempre è podio, sarò terzo”.
No, Matteo, nemmen per scherzo,
terzo è quel Gigi Di Maio
che si muove nel merdaio

del governo con la Lega
e ogni dì la base frega.
“Sarò quarto, non è male”.
Quarto è il tuo vecchio sodale,

il felpato Gentiloni,
l’uom che tiene bassi i toni.
“Se non quarto, sarò quinto”.
No, Matteo, neanche dipinto.

Emma è quinta, la Bonino,
quella che fa un gran casino
perché i radicali, in tre,
trionfar facciano la Ue.

“Sarò sesto certamente”.
No, ti sbagli nuovamente,
sesta è invece la Meloni
che, malgrado i fascistoni

con i quali scende in pista,
è assai meglio del leghista.
“Settimo!” Se mi permetti,
è Nicola Zingaretti

tuo nemico personale,
un politico geniale
che il Pd vuol di sinistra.
Ti è davanti, ahimè, registra.

“Sono ottavo di sicuro
e sorpasso quel figuro
in un attimo, tranquillo”.
No, l’ottavo è Beppe Grillo,

l’inventor dei Cinque Stelle,
tutto lazzi e marachelle.
“Nono son, ma battagliero!”
Nono invece è Grasso Piero,

il sinistro dissidente
che non concretizza niente.
“Decimo, è già qualcosa”.
E’ il figliol di mamma Rosa,

il caimano Berlusconi
che con quattro trasfusioni,
tre Viagra e un margarita
hanno riportato in vita

e vuol ritornar premier,
soprattutto grazie a te.
“Undicesimo, è un po’ poco”.
Fuocherello, quasi fuoco.

Undicesimo è Martina,
la speranza meneghina
diventata segretario.
Sta salendo sul Calvario

come un dì fece Gesù.
Dodicesimo sei tu.
Delusione? Scoramento?
Solo un flebile lamento:

“Se Martina mi è davanti
io saluto tutti quanti
e mi butto dal balcone”.
Siamo al pian terren, coglione!

blog MicroMega, 20 settembre 2018

Il pifferaio tragico

Salvini ministro in fuga (dal Viminale) in tre mesi 60 tappe per show e feste.
Dai bagni in piscina ai comizi al premio alla fidanzata: nel tour infinito del leader leghista poco tempo alle riunioni sui problemi da risolvere.
(la Repubblica, 1 settembre 2018)
Il santo patrono (verde) del popolo.
(il Fatto Quotidiano, 5 settembre 2018)

Il pifferaio tragico

Il lavoro al Viminale
forse è troppo cerebrale
per un vil nullafacente
come il vice presidente

e perciò il prode Matteo
ogni dì fa marameo
a va farsi i cazzi suoi
per ampliare il parco buoi

coi patetici coglioni
pronti a fare i boccaloni.
Va a Pinzolo il capitano
dove con la canna in mano

s’improvvisa pescatore.
Nudo il petto, ma che orrore
senza neanche una lacoste!,
sbafa a Lesina aragoste.

E poi tuffo con nuotata
nella vasca sequestrata
ai mafiosi a Monteroni.
Quindici le apparizioni

alle feste della Lega.
Anche al Palio non si nega
di una Siena ormai leghista.
Vola a Mosca comunista

a tener per il croato
nel mondiale campionato
dove al gioco del pallon
vince Emanuel Macron.

Cena a casa di Bocelli,
a Conselve fa sfracelli
contro la magistratura
che di lui troppo si cura

perché par faccia crepare
i migranti in mezzo al mare.
In Calabria piomba a Reggio
dove il mago del cazzeggio

corre, mangia una granita
e, leccatesi la dita,
vola a Palmi come un razzo
dove inaugura un palazzo

confiscato a quei mafiosi
che lo votan generosi.
Va poi a San Ferdinando
dove finge star pregando

per quell’immigrato nero
che han mandato al cimitero.
Lo vediamo sullo schermo
alla fiera di San Fermo

a Nerviano in Lombardia
e poi in lieta compagnia
alle Tremiti e a Venezia
con Elisa, dolce spezia,

che è premiata a Donna e Diva
con i fan che fanno evviva.
A Milan, quella col mare
ove in moto d’acqua appare,

grida: “Viva la Romagna!”
poiché per Maiorca in Spagna
è persona non gradita,
gli spagnoli l’han capita.

Ogni giorno un nuovo viaggio:
va a Viareggio, Caravaggio,
Fermo, Modica, Catania,
corre ovunque, ovunque smania.

Ed infine c’è Viterbo:
sembra un dio che svela il verbo
nella santa processione
con migliaia di persone

strette attorno al baldacchino
che accompagnano il cammino
dell’amata santa Rosa.
L’impressione è spaventosa.

Donne urlanti ed invasate
nel lodarlo scatenate:
“Matteo, grande!” “Siam con te!”
che gli sporgono i bebè

che gli tendon la manina
quando il santo si avvicina.
Vecchi applaudono commossi
fino a avere gli occhi rossi.

L’ineffabile ducetto
con le man giunte sul petto
li ringrazia all’orientale,
inchinandosi curiale.

Le man stringe da rockstar
e alle donne fa brillar
lacrimon da svenimento.
Batte il cinque ogni momento

con gli uomini con stile
franco, complice e virile.
Pensar che tal troglodita
abbia vinto la partita

del governo del Paese,
pensar che un tale arnese
osannato dalla gente
sia da vice presidente

destinato a un gran futuro,
pensar che tale figuro
possa diventar premier
poiché un popolo lacchè

crede che sia il salvatore,
fa gridare con furore:
“Quando un popolo è coglione
va a puttane una Nazione!”

blog MicroMega, 14 settembre 2018

Calenda, chi?

Calende greche.
(il Fatto Quotidiano, 15 luglio 2018)

Calenda, chi?

Confindustria e la Ferrari
furon suoi primi arengari,
Montezemolo lo prese
per il buon politichese

nel team di Italia futura,
poi finì per sua sciagura
nel partito bocconiano
per dar a Monti una mano

nell’andare in fallimento.
Ma chi è tale portento?
Chi è quest’uomo da tregenda?
Il suo nom? Carlo Calenda.

Il curriculum di Carlo
era tal da proiettarlo
nel governo di Matteo
dove giunse all’apogeo

di ministro allo Sviluppo,
uno fra i miglior del gruppo
nel discendere la china
verso la final rovina.

Nel momento del collasso
per portare ancor più in basso
i tapini del Pd
meditò e poi disse: “Sì,

ne divento tesserato”,
l’unico che si è aggregato.
Il Pd non lo cagò
e Calenda si incazzò:

“Se nessun mi tiene in conto
ad andarmene son pronto”:
Si aspettava una sommossa:
“Finiremo nella fossa

se Calenda se ne va!”
“Del Pd che ne sarà?”
“Voglia Iddio che non s’involi
se no resteremo soli!”

“Carlo è ormai come una droga!”
Ma nessun piange e si sfoga,
nessun muove un sopracciglio,
nonostante il suo cipiglio.

Ma non se ne va Calenda,
vuol scansar la cosa orrenda
di un accordo con Di Maio:
“Quello sì sarebbe un guaio!”

Resta immobile il partito
di pop corn ben rifornito
per assistere al disastro
del bel trio giallo verdastro

Conte, Lega, Cinque stelle.
“Ne vedremo delle belle!”
Anarcoide sovranismo
li chiamò col suo lirismo

il Calenda di quei dì
che ”Ora andiam oltre il Pd!”
disse con far da stratega,
ma nessun fece una piega.

La sua mente scatenata,
offrì un’altra calendata:
“Un repubblicano fronte
intravedo all’orizzonte

per salvar questo partito!”
ma nessuno mosse un dito
a eccezione dei Savoia
che protestan: “Porca troia,

è un’idea proprio tremenda!”
Instancabile Calenda
corre come uno stallone
“Voglio entrare in Direzione

per mandar tutto in rovina
sotto l’ala di Martina!”
ma Martina, che follia!,
preferisce la Madia.

“Ma che Direzione è questa? –
con gran delusion protesta –
a me sembra un harakiri!”
La moral per gli elzeviri?

Crede d’essere il messia,
per mostrar la giusta via
predica, conciona, ciancia
ma è sol Renzi con più pancia.

blog MicroMega, 26 luglio 2018

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