Bello ciao

Per fermare la Lega ora Di Maio inventa la svolta a sinistra,
(la Repubblica, 9 aprile 2019)
Di Maio fa il partigiano.
(la Repubblica, 12 aprile 2019)
Di Maio si smarca sul 25 aprile: “Ci sarò, sostengo i partigiani”.
(il Fatto Quotidiano, 12 aprile 2019)

Bello ciao

Comincia dell’Europa l’avventura
e Di Maio, a evitare la sciagura
della batosta presa alle regioni,
ha riunito il suo trust di cervelloni.

A suo tempo indicò la via maestra:
“Non siam né di sinistra né di destra,
famiglie dalla storia superate,
dal lontan novecento ereditate…”.

Ora una nuova scelta si registra,
si cambian le istruzion, svolta a sinistra!
Il contratto più elastico si fa,
qui lo si aggira, lo si adatta là.

Chi crudel chiuse i porti alle Ong,
chi alle leggi fasciste disse sì,
legittima difesa e sicurezza,
chi ha voluto far votare la schifezza

che ha salvato il leghista dal processo,
guarda caso si accorge proprio adesso
che dappertutto è pieno di fascisti
da sempre grandi amici dei leghisti,

che una galassia nera ci circonda
diventando a ogni passo un po’ più immonda.
“La Lega di Salvini adesso sta
con chi ogni giorno nega la Shoah

e con turpi alleati come Orbàn.
Non perdan la memoria gli italian,
non celin l’Olocausto ai loro fiigli!
E contro Casa Pound fuori gli artigli,

deve essere sgombrata come i rom!”
A un tratto per il nostro galantuom
i gilet gialli vanno abbandonati,
l’euro non ci ha per nulla rovinati,

la Merkel sempre odiata si fa santa
e all’Europa, se proprio non incanta,
posson bastare sol pochi ritocchi
per diventar comunità coi fiocchi.

Adesso esalta il 25 aprile
al qual con Grillo fu in passato ostile:
“So da che parte star: coi partigiani
che han salvato l’Italia e gli italiani

e son convinto che sia un gran cialtrone
chi dice che non fu Liberazione!”
Quando Conte, ad Assisi francescano,
allo ius soli aprì il napoletano

lo liquidò così: “Non è in agenda”
mentre adesso non sembra una tregenda
e i migranti non son poi così male
come sostiene il suo verde sodale.

Di Maio da babbion si fa marpione,
ma è solo una mediatica finzione
affinché il vento gonfi la sua vela.
Vuole fregar di nuovo la clientela,

ma gli elettori ormai l’han conosciuto
e son pronti a punire il linguacciuto
capace di narrar tante panzane.
Al voto resterà sol come un cane.

blog MicroMega, 18 aprile 2019

La zia di Mubarak

Ritratti. Alberti Casellati. Le tre vite di Elisabetta, la messa in piega della Terza Repubblica.
(il Fatto Quotidiano, 14 ottobre 2018)

La zia di Mubarak

Nel lontan quarantasei,
come dono degli dei
che da allora l’han protetta,
venne al mondo Elisabetta,

quella Alberti Casellati
che a cinquanta anni suonati
è arrivata senza scosse
non sbagliando mai le mosse

da avvocata patavina.
A Natal sempre a Cortina
e d’estate in barca a vela
coi quattrin della clientela,

con sentore di Chanel,
bella casa, due gioiel
come Alvise e Ludovica.
Beltà veneta all’antica,

coniuge di Giambattista
avvocato civilista,
ricca di nomi, cognomi,
cameriere e maggiordomi,

nel certame elettorale,
come il padre, è liberale,
fuma light, drinks margarita.
Questa è la sua prima vita.

Cinquant’anni, ha un tuffo al cuore:
ecco l’unto del Signore!
e l’esperta in Sacra Rota
del caiman divien devota.

Da romantica guerriera
ne difende la carriera:
“Dal dì in cui ci siam trovati
mi son detta: “Ha i connotati

per salvar questa Nazione!
e son scesa nell’agone”.
Casellati è coi molossi
contro i magistrati rossi,

è con Previti e Ghedini,
i berlusconian mastini.
Lotta col massimo slancio:
corruzion, falso in bilancio,

evasion fiscal, tangenti,
sono accuse da dementi
di pm assatanati
contro l’uom che ci ha salvati.

Per vent’anni è in gran fermento:
ben sei volte in Parlamento
del caimano pasionaria,
col bis sottosegretaria,

membro laico al Csm,
sono alcune delle gemme
di una splendida carriera
che la vede madre fiera

di una figlia che, voilà!,
viene assunta da mammà
con retribuzion da neuro
di sessantamila euro.

Quando Silvio è condannato
e cacciato dal Senato
perché è un vero farabutto,
in gramaglie veste il lutto

dopo l’invasion nequizia
del Palazzo di Giustizia,
nel difenderlo agguerrita.
Questa è la seconda vita.

Ora, grazie al Salvimaio,
questa femmina d’acciaio,
che nello scalar non scherza,
alla fin giunge alla terza,

presidente del Senato,
mai successo nel passato.
La signora con gli artigli
viene a più miti consigli

e ritorna moderata,
la sinistra evaporata
ne facilita l’azione:
largo alle famiglie buone,

padre, madre e due figliuoli,
sparo libero ai mariuoli,
chi violenta va castrato
perché non sia più arrapato,

guerra ad omosex e affini,
riapertura dei casini,
no alla pillola abortiva.
Grazie a Elisabetta, evviva!,

scanseremo il patatrac
e l’ex zia di Mubarak
accoppiata a Mattarella
ci farà da sentinella.

blog MicroMega, 17 dicembre 2018

Giovannino a cinque cerchi

Il terrore di Malagò: il potere che tramonta con una pagina. Parabole. Successo, auto di lusso e trame: il capo del Coni – che allerta tutti i politici – si sente defraudato da una norma del governo.
(il Fatto Quotidiano, 20 novembre 2018)

Giovannino a cinque cerchi

Giovannino Malagò,
dei Parioli il Megalò
o Porfirio Rubirosa,
con una reazion furiosa

va all’attacco del governo:
una pagina d’inferno
della legge sul bilancio
l’ha colpito come un gancio.

Scritta nel burocratese
di un travet senza pretese,
gli trafuga il capitale
di una torta colossale,

quattrocento e più milioni,
che da gran capo del Coni
annualmente lui dispensa
ai vassalli giunti a mensa

per dividere il bottino.
A ciascuno un bocconcino:
a carambola, al calcetto
ed al lancio del capretto,

alle bocce e al tiro a volo,
alla caccia all’usignolo,
alla corsa col cilicio
e alla pallaman col micio.

“D’ora in poi – dice Giorgetti –
questi soldi maledetti
li distribuirà il governo
ed il magna magna eterno,

grazie all’Ente che verrà,
finalmente finirà”.
Malagò ha mobilitato
mezzo mondo del passato

del presente e del futuro:
Gianni Letta, imperituro,
i renziani ed i sinistri,
i campioni e gli ex ministri,

Federica Pellegrini,
della destra i galoppini,
per un passo indietro pronto
che gli eviti l’affronto.

Come osano gli infami
sollevar questo tsunami
contro il grande Malagò
che più grande non si può?

Che è la canottieri Aniene
dove va la Roma bene,
trentamila il fee iniziale,
cinquemila quota annuale.

Uno che informava Agnelli
sui roman gossip più belli,
un che vende Maserati
ai sultan degli Emirati,

un che piazza le Ferrari
ai più gran palazzinari,
un che è amico di Parnasi,
l’uomo dello stadio o quasi,

al qual ha raccomandato
della figlia il fidanzato.
Che ha due lauree, è uom di scienza:
una falsa, alla Sapienza,

poi sparita, una chimera
e una a Siena, laurea vera.
Malagò, l’uomo cha ha avuto
tutte quelle cha ha voluto:

mogli, amanti, fidanzate,
filarin, donne sposate,
dalla Falchi alla Gerini,
dalla Bruni alla Marini,

la Bellucci, Flavia Vento,
a contarle più di cento,
latin lover recidivo.
Malagò, grande sportivo,

nuotator, sciator, tennista,
calciator nonché cestista,
pokerista da sfracelli
che spennava Gianni Agnelli

quando con Luca Cordero
gli faceva il culo nero.
Malagò, che è il grande amico
di Matteo, del Letta antico,

di Alemanno e Walterloo,
i campion del fricandò
del potere e della casta.
E gli voglion dire: “Basta,

ci prendiamo il tuo malloppo?”
“No, Giorgetti, questo è troppo,
non ti viene consentito.
Se nessuno ha mosso un dito

per difendere i migranti,
scenderan dal cielo i santi
per salvare Malagò!
E ti cacceran: sciò, sciò!”

blog MicroMega, 3 dicembre 2018

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