I cacasotto

Da Di Maio alla Lega. A ognuno la sua paura

(la Repubblica, 20 luglio 2019)

I cacasotto

Fanno selfie, fan dispetti,

fanno tweet, pongon paletti,

ogni dì fanno i gradassi

e minacciano sconquassi,

dicon: che ci stiamo a fare

e si mandano a cagare,

stabiliscono scadenze,

lancian ultime avvertenze,

fan capricci, fan moine,

dicon: siam giunti alla fine

e la mettono giù dura,

ma in realtà hanno paura

di ogni cosa e in ogni evento

vedon pronto il tradimento.

Chi appar il più minaccioso

come sempre è il più pauroso

e Matteo non fa eccezione.

Teme arrivi un ribaltone

e Di Maio lì per lì

intrallazzi col Pd.

Dalla Russia teme guai

dove i propri samurai

gli procacciano i dané.

Ha paura che la Ue

gli respinga il commissario

dopo il suo No! temerario.

Teme che Zaia e Fontana

con l’autonomia lontana

prima o poi faccian casino.

La paura di Gigino

è brutale e senza scampo:

che gli arrivi un grosso inciampo

ed un forte terremoto,

dopo le elezioni e il voto,

gli sgraffigni in un momento,

la cadrega, il Movimento

e il doman. “Col culo nero,

torna alla casella 0!”

Anche Conte ha un gran timore:

lo stimato professore

da accettabile premier

in un amen teme che

gli sparisca il cadreghino

perché i vice fan casino.

Possibilità nessuna

che gli torni tal fortuna.

Di strappare con Di Maio

teme Fico e un altro guaio:

che ritorni Di Battista

e lo metta fuori pista.

Teme Alberti Casellati

di apparir fra gli alleati

più fedeli di Matteo

e con fare fariseo

finge la neutralità.

Il Pd che timor ha?

I renziani, poveretti,

di non essere rieletti

hanno proprio gran paura

e ogni dì con l’armatura

dan battaglia nel partito.

Zingaretti, già bollito

non appena giunto al top,

a sua volta teme il flop.

Con i bluff tra bari e ignari

per noi son cavoli amari,

la Nazione fa glu glu

nel mar d’una fifa blu.

Carlo Cornaglia

8 agosto 2019

 

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Location, candidati,, armi ammesse: congresso Pd, tutto ciò che non sapete.
(il Fatto Quotidiano, 5 settembre 2018)
Caos Pd, Orfini: “Sciogliamolo”.
(la Repubblica, 16 settembre 2018)
Pd, primarie fissate a gennaio. Martina: Macché scioglimento.
(la Repubblica, 17 settembre 2018)
Il declino dei dem, dal ko in Liguria al 18,7 del 4 marzo.
(ibidem)
Pd, corto circuito sulla cena. No di Renzi e Calenda annulla.
(la Repubblica, 18 settembre 2018)
La separazione consensuale.
(la Repubblica, 20 settembre 2018)

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Malaticcio e macilento
fin dal suo primo momento,
il Pd, passando gli anni,
sempre fu causa di affanni

per la pessima salute:
infinite ricadute
dopo le convalescenze,
nuovi mal, nuove emergenze,

con ploton di specialisti,
quanti mai se ne son visti
nelle Asl della nazione,
ovest, est, sud, settentrione.

Da tre anni ad ogni voto
un tremendo terremoto
ha distrutto genti, storie,
tradizion, beni, memorie.

Perse in grande quantità
sia regioni che città:
Siena, L’Aquila, Venezia,
Pisa, Genova, La Spezia,

Massa, Imola, Pistoia,
Roma, grande mangiatoia,
Nuoro, Sesto Fiorentino,
la Torino di Fassino,

il Friuli, la Sicilia,
il Molise, una quisquilia,
la Liguria, Trieste, Arezzo,
mezza Italia, pezzo a pezzo.

Referendum a puttane
e politiche da cane
con governo alla congrega
fra pentastellati e Lega

grazie a Renzi, il parolaio
che negò il suo Sì a Di Maio
per salir sull’Aventino
dei popcorn col sacchettino.

I piddin, anche il più fesso,
parlan solo del congresso:
si farà? Ma quando? Dove?
Ad inizio diciannove

oppur dopo le europee
e altre dodici assemblee?
Si dovrà, come soldati,
andar al congresso armati?

Ci vorran gli assaggiatori
contro gli avvelenatori?
Ci sarà cannibalismo
per combattere il renzismo?

Il partito è in gran fermento
fra chi vuol lo scioglimento,
chi soltanto un nome nuovo,
chi nascosto nel suo covo

pare ai suoi lontan debutti:
“Torno e vi rottamo tutti!”
Mortadella, Enrico Letta
e Veltroni, il trio saetta,

parlan come la Sibilla
mentre Orlando Camomilla
gioca a far la minoranza
sempre con buona creanza.

E’ Calenda il più agitato:
come ultimo arrivato
del partito non sa nulla.
Dei suoi primi mali in culla.

Della vita travagliata,
ogni mossa una cazzata.
Dei suoi genitori in lite.
Della sua labirintite

che lo fa vagar qua e là
sempre fuor dalla realtà.
Per entrare nell’arena
prova con l’invito a cena

dei boss ma nessun lo caga:
Renzi è in Cina che si svaga,
Gentiloni fa un sorriso
ma fra il No e il Sì è indeciso

e Minniti ammicca e tace
mentre indossa un vecchio orbace.
Carlo in retromarcia latra:
“Qui ci vuole uno psichiatra!”

Non è certo il salvatore,
ci vuol ben altro dottore
che il Pd divida in due
come fanno con un bue

e Ds e Margherita
alla fin rimetta in vita,
ciascun col suo condottiero.
Si riparte dallo 0.

blog MicroMega, 25 settembre 2018

Il meglio del bigoncio

Il sondaggio Demos. Lega primo partito, M5S in calo, fiducia record nel governo. Il Carroccio oltre il 30%, mentre i grillini perdono tre punti rispetto alle politiche. Ma Di Maio cresce in popolarità. Esecutivo promosso dal 62%. Il Pd fermo al 17%. Bene Gentiloni, male Renzi.
(la Repubblica, 15 settembre2018)

Il meglio del bigoncio

I popocorn sono finiti
e riprende i vecchi riti
il ducetto di Rignano.
Aspettò finora invano

che qualcuno lo chiamasse,
lo invocassero le masse
per le quali è stato un mito
ma nessuno si è sentito.

Cosicché il prode Matteo
per tornare all’apogeo
scende in pista e a mosse leste
va dell’Unità alle feste.

Dopo il buio vien l’aurora,
i suoi fan ci sono ancora!
E riprende a predicare,
a schernire e a sbeffeggiare,

è sicuro: con l’azzanno
i sondaggi saliranno.
Demos, c’è il primo sondaggio
e Matteo vede il miraggio

d’esser ritornato in testa.
“Pronti via, facciamo festa!”
Ma non ha capito niente,
primo è Conte, il presidente,

premier che non fa rumore
di un governo che fa orrore.
“Vuol dir che sarò secondo,
non è certo il finimondo”.

No, secondo c’è Salvini,
uom dai modi sopraffini
e brutal peracottaro
ma per gli italiani un faro.

“Sempre è podio, sarò terzo”.
No, Matteo, nemmen per scherzo,
terzo è quel Gigi Di Maio
che si muove nel merdaio

del governo con la Lega
e ogni dì la base frega.
“Sarò quarto, non è male”.
Quarto è il tuo vecchio sodale,

il felpato Gentiloni,
l’uom che tiene bassi i toni.
“Se non quarto, sarò quinto”.
No, Matteo, neanche dipinto.

Emma è quinta, la Bonino,
quella che fa un gran casino
perché i radicali, in tre,
trionfar facciano la Ue.

“Sarò sesto certamente”.
No, ti sbagli nuovamente,
sesta è invece la Meloni
che, malgrado i fascistoni

con i quali scende in pista,
è assai meglio del leghista.
“Settimo!” Se mi permetti,
è Nicola Zingaretti

tuo nemico personale,
un politico geniale
che il Pd vuol di sinistra.
Ti è davanti, ahimè, registra.

“Sono ottavo di sicuro
e sorpasso quel figuro
in un attimo, tranquillo”.
No, l’ottavo è Beppe Grillo,

l’inventor dei Cinque Stelle,
tutto lazzi e marachelle.
“Nono son, ma battagliero!”
Nono invece è Grasso Piero,

il sinistro dissidente
che non concretizza niente.
“Decimo, è già qualcosa”.
E’ il figliol di mamma Rosa,

il caimano Berlusconi
che con quattro trasfusioni,
tre Viagra e un margarita
hanno riportato in vita

e vuol ritornar premier,
soprattutto grazie a te.
“Undicesimo, è un po’ poco”.
Fuocherello, quasi fuoco.

Undicesimo è Martina,
la speranza meneghina
diventata segretario.
Sta salendo sul Calvario

come un dì fece Gesù.
Dodicesimo sei tu.
Delusione? Scoramento?
Solo un flebile lamento:

“Se Martina mi è davanti
io saluto tutti quanti
e mi butto dal balcone”.
Siamo al pian terren, coglione!

blog MicroMega, 20 settembre 2018

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