L’amore ai tempi del Pd

La grande colazione.
(il Fatto Quotidiano, 18 giugno 2019)
Il Pd e l’idea ribaltone, Zingaretti chiude ai 5S. Renzi: c’è chi ci prova.
(la Repubblica, 18 luglio 2019)
Franceschini apre ai 5 Stelle, Renzi lo insulta.
(il Fatto Quotidiano, 23 luglio 2019)

L’amore ai tempi del Pd

Il governo è in grave affanno,
Gigin e Mister Azzanno
vivono a Palazzo Chigi
fra gli insulti ed i litigi.

Al Pd non sembra vero,
il perché però è un mistero:
con il ventitré per cento
di nanetti in Parlamento

sempre pronti a litigare
dove pensano di andare?
C’è ancor quello dei pop corn
che svolazza tutto intorn

pronto a far gran marachelle
se si va coi 5 Stelle:
“L’indomani vi saluto!”
Il problema è dibattuto:

Platealmente dicon: “No,
certamente non si può
governare con Di Maio
che è soltanto un parolaio!”,

ma poi molti, sotto sotto
per non fare un gran casotto,
non disprezzano i grillini,
come Dario Franceschini.

Come sempre nel Pd,
pochi dicon No! o Sì!,
i più son sempre indecisi
nella loro eterna crisi

per mancanza di coraggio.
C’è soltantp un personaggio
che in realtà piace ai piddini,
ma non si può dir: Salvini!

Son d’accordo quasi in tutto,
come i fichi col prosciutto.
Nella guerra al territorio
è comune il repertorio

delle opere dannose
nonché inutili e costose:
la Tav delle madamin
e di Sergio Chiamparin,

la Tap, gli inceneritori,
terzo valico e trafori,
terra e mar pien di trivelle,
porticciol, gronde, bretelle.

Sul problema autonomia
Veneto e Lombardia
corron con l’Emilia rossa
per un metodo che affossa

l’unità della Nazione
e danneggia il Meridione.
Il leghista ed il Pd
entusiasti dicon Sì!

a star in Afghanistan
e a comprare gli aeroplan
F 35 che
degli States ci fan lacchè.

Fa i sodal molto contenti
anche l’export di armamenti,
specie se verso i sauditi
che fan fuori gli yemeniti.

L’alt alle intercettazioni
e ai pm curiosoni
piace a entrambi fin da quando
ci provava Andrea Orlando.

Reddito cittadinanza,
la domenica in vacanza,
quota cento ai pensionati,
un aiuto ai disperati

col dielle dignità
fanno schifo ai due cumpà
quanto ai freschi innamorati
Confindustria e Sindacati.

Sul problema dei migranti
non son poi così distanti,
non c’è grande differenza
fra Minniti e Sua Accoglienza:

l’uno vuol lasciarli in mare,
l’altro preferì trattare
con ciascun capo tribù:
“Pago e te li tieni tu!”

Son distanti sulla Ue
ma, considerato che
questa Europa non fa un cazzo,
non ne soffre l’amorazzo.

La moral della vicenda?
Son compagni di merenda
il cialtrone ed i Pd:
fa paura, ma è così.

6 agosto 2019

Matteo Salvini, rubli e gattini

M 49 è in fuga. E se fosse finito in Lussemburgo?
(il Fatto Quotidiano, 16 luglio 2019)
Se il Nord si sente tradito.
(la Repubblica, 17 luglio 2019)
La Costituzione calpestata.
(ibidem)
Salvini si isola in Europa e frega Giorgetti. Che è pronto all’addio.
(il Fatto Quotidiano, 18 luglio 2019)
Più gattini meno Savoini: Matteo si rifugia dai felini.
(ibidem)

Matteo Salvini, rubli e gattini

Fino al voto alle Europee
era un tipo da epopee,
una specie di Re Mida
che vinceva in ogni sfida

ed in oro trasformava
tutto quello che toccava.
Poi il destino si è accanito
ed il tocco del suo dito

non fu più miracoloso.
Il cazzaro burbanzoso
ha stravinto con il voto,
ma la Ue gli ha fatto il vuoto

tutto intorno ed è isolato.
Anche Orban lo ha lasciato
ed in un battibalen
restò sol con la Le Pen.

Addio commissione Ue
per Giorgetti, il vicerè
che, fregato dal brighella,
va a frignar da Mattarella.

Ma non solo. Il Settentrione
è deluso dal marpione:
la flat tax non sta arrivando
e all’arrivo, chissà quando,

non sarà quella promessa.
Non è stata ancor concessa
ai padan la autonomia
che la Carta a morte avvia

perché al Sud fa mal davvero.
Vige ancora la Fornero
e per la pension futura
è una vera fregatura

la famosa quota cento.
Per gli amanti del cemento
non si sbloccano i lavori
per sfasciare i territori.

Per non dir del Metropol
con i rubli e il folto stuol
di compari faccendieri,
oggi ignoti, amici ieri.

Pur M 49,
l’orso grigio che commuove
ploton di naturalisti,
per il cul prende i leghisti

ed il Capitan Salvini.
Perché, guarda tu, i quattrini
sgraffignati dal partito
e nascosti in qualche sito,

proprio son quarantanove.
Provenienti da ogni dove,
giornalisti scatenati
su Matteo si son fiondati

con domande col tranello:
“Perché questo? Perché quello?
Che vuoi far? Si voterà?”
Il padan quaraquaquà

non ha tempo da sprecare:
deve andar dalle gattare
al Verano, il cimitero,
anziché al ministero.

C’è un rinfresco per Salvini:
coca cola, tramezzini
con le pizze. La maglietta
d’un gattin con la zampetta

bianca in cuor su fondo nero,
vien donata al condottiero
che fa selfie, gatti in braccio
e non sembra più un bravaccio.

Rubli, Europa, economia,
quota cento, autonomia,
Putin, Conte, Fico, Gigi,
discussion, bugie, litigi,

non han più nessun impatto.
Basta dargli in braccio un gatto
e Salvini è San Francesco
e non più un kapò tedesco.

31 luglio 2019

Settimo: non rubare

Dal pirla al pirla.
(il Fatto Quotidiano, 13 luglio 2019)

Settimo: non rubare

Questa banda di cazzari
sempre a caccia di denari
ha una storia alle sue spalle
ostil alla Fiamme gialle

e al suo popolo sfigato.
Qualche sguardo sul passato.
Nel novantatré Patelli,
della Lega un dei cervelli,

professione lattoniere
e pertanto tesoriere,
dei quattrin sente l’aroma,
corre all’Enimont di Roma

dove incassa una tangente
e poi, come fosse niente,
torna in sede e in un cassetto
mette il ricco gruzzoletto

di duecento milioncini.
Nella notte i malandrini
vanno alla sua scrivania
et voilà portano via

gli sghei da poco riscossi.
“Questo è un pirla!” dice Bossi
che fra i fan fa una colletta
raccogliendo la sommetta

in un pentolon di rame
e la manda a quell’infame
di Di Pietro, il giustiziere,
a evitare le galere.

Ma verrà poi condannato
con il pirla derubato.
Poco dopo un’altra sfida:
vendon l’erba di Pontida

con le zolle del bel prato.
Pochi fan hanno abboccato
ed è stato un fallimento
anziché un finanziamento.

Sempre a caccia di palanca,
poi fondarono una banca
che fallì miseramente
dissanguando molta gente.

Dopo un po’ l’idea faceta
fu di battere moneta:
Calderoli come grano
volle il tallero padano,

anche detto calderolo:
lo internarono ed al volo.
Venne il tempo del villaggio
in Croazia, breve il viaggio

per raggiungere lo Skipper
per ballar, giocare a flipper,
per nuotare in libertà,
far l’amor, bere, magnà

e sperar che le croate
li accogliessero arrapate.
I padani spendaccioni
investirono milioni

nella bella iniziativa:
che vacanza lieta, evviva!
Puntual giunse la botta:
micidiale bancarotta!

Fu la volta di Belsito,
tesoriere del partito:
in Tanzania investimenti,
spese folli dei parenti,

laurea falsa in Albania
e brillanti. Che allegria!
Fra milioni sputtanati
e milioni accumulati

e nascosti chissà dove
sono ben quarantanove
a mancare dalla cassa
ed il Capitan Fracassa

ha promesso ai magistrati,
giustamente un po’ arrabbiati:
“I nipoti, senza affanni
ed a rate, in ottant’anni

tutti li restituiranno
ed in rubli pagheranno,
grazie a Vladimiro e banda
dei compagni di Meranda!”

Nota: libera rielaborazione del fondo di Marco Travaglio
su il Fatto Quotidiano del 13 luglio 2019 Dal pirla al pirla.

blog MicroMega, 25 luglio 2019

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