Zinga flop

Passata la paura di Salvini il rischio ora è la restaurazione”.
(il Fatto Quotidiano, 3 febbraio 2020)

Zinga flop

Aria di restaurazione.
Fatto fuori il Capitone
col fantasma di Lucia
al suon di Romagna mia,

credon d’essere rinati,
ma son dei miracolati
che evitarono la fine
solo grazie alle sardine,

agli errori di Salvini
e all’exploit di Bonaccini.
Tutto resta come prima
dopo la gran pantomima

messa su da Zingaretti
coi bellissimi progetti
di apertura del partito
con la fin del vecchio rito

delle putride correnti,
dei capetti prepotenti,
dei campion del superego:
“Faccio i fatti miei e ti frego”,

come Orlando, Franceschini,
Gentilon, Guerini, Orfini.
Anche se giammai Nicola
profferì qualche parola

su programmi operativi
nè su pratici obiettivi,
sconcertante è il risultato
poiché, ahimè, nulla è cambiato.

La fin della concession
agli infami Benetton
non è più necessità,
basta una penalità

e pazienza per i morti
e per i falsi rapporti
sulla non manutenzione
per gli incassi del padrone.

La fin delle prescrizioni,
che nell’era Berlusconi
era un must, è diventata
un’ignobile porcata

da evitare ad ogni costo,
ovviamente di nascosto.
Nonostante Mattarella
e la mini spintarella

i decreti sicurezza,
di Salvini la schifezza,
sono ormai stati accettati
mentre vagan gli immigrati

senza aiuti e protezione
senza cibo e formazione.
Benché più volte promesso
non verrà giammai soppresso

con la Libia il patto osceno,
di Minniti nientemeno,
che gli sbarchi limitò
e le atrocità aumentò.

Mentre il Cinque Star collassa
sta tornando la melassa
che il sistema somministra,
tutti insiem destra e sinistra.

Nel frattempo le sardine
con le loro letterine
pongon tre temi al governo:
oltre al Sud, problema eterno,

sicurezza e dignità.
Zingaretti là per là
se ne dice assai entusiasta
ma da uomo della Casta

ciarla senza dire niente:
“Sì il Sud è un problema urgente.
Sicurezza? Mi fo in tre.
Dignità? Ma che cos’è?”

blog MicroMega, 4 febbraio 2020

Zinga rock

La sfida di Zingaretti: “Vecchio Pd addio, ecco la mia svolta”.
(la Repubblica, 11 gennaio 2020)
Tanti sì al nuovo Pd.
(la Repubblica, 12 gennaio 2020)
Nardella: “Bene questo segretario rock. Guai però se si guarda solo a sinistra”.
(ibidem)
Zingaretti annuncia “il partito nuovo”, Franceschini e gli ex renziani già dicono no.
(il Fatto Quotidiano, 12 gennaio 2020)
Achille Occhetto. L’ultimo segretario del Pci commenta l’ipotesi di sciogliere il Pd: “Serve una costituente vera di tutta la sinistra”. “Caro Zingaretti, non farti stritolare dalle lotte di potere”.
(il Fatto Quotidiano, 16 gennaio 2020)

Zinga rock

“Elettor piddino, ascolta:
il partito è ad una svolta!”
“Chi l’ha detto?” “Zingaretti”.
“C’è da dubitarne, ammetti…”.

Troppe volte ha già svoltato
ed è sempre peggiorato.
Ottantuno. Berlinguer
disse del rosso poter:

“La rivoluzion si è estinta,
si è esaurita la sua spinta”.
Nell’ottantanove Occhetto
fa una svolta a grande effetto,

quella della Bolognina
e il Pci manda in cantina
poco più di un anno dopo
a finire come un topo.

Così arriva il Pds
con le conseguenze annesse:
via la falce, via il martello
ed al posto un alberello,

una quercia verde vivo.
Dalla quercia vien l’Ulivo,
coalizion litigarella,
al timone Mortadella.

Novantotto, un’altra svolta:
i Ds questa volta
la sinistra ha generato.
Se non zuppa è pan bagnato.

Passa un lustro, poco più
e con tredici tribù
i Ds fan l’Unione,
un mostruoso carrozzone

dove litigare è un must
e la lingua corre fast.
Finché nel duemilasette,
come narran le gazzette,

i compagni e i genuflessi
come due sposi promessi
con amor senza entusiasmo
ed un coito senza orgasmo

partoriscono un partito
che fin dal primo vagito
mostra d’essere un neonato
dal futuro complicato,

nonostante il veltroniano
“Yes, we can!”, stile obamiano.
Sette anni, arriva il Bomba
e nell’aria ancor rimbomba

la promessa dell’arnese:
“Farò una riforma al mese!”
Poi sappiam com’è finita:
coca cola e ribollita.

Desta quindi gran sospetti
il bla bla di Zingaretti:
“Dopo il ventisei gennaio,
sia l’Emilia un trionfo o un guaio,

una gran vittoria o un lutto,
fo’ un congresso e cambio tutto
nel Pd oramai sfinito.
Non farò un nuovo partito,

ma farò un partito nuovo,
un piacevole ritrovo
non sol per le madamine,
ma per sindaci e sardine,

per i verdi e i sindacati,
per i giovani emigrati,
per la società civile,
per il mondo femminile.

Apertura, innovazione,
un partito di persone,
del “Noi” e non più dell’ “Io”
e del “Nostro”, non del “Mio”!

La sinistra non è un covo
bensì un orizzonte nuovo,
contendibile, inclusiva,
sempre attenta ed attrattiva.

Nome e simbolo? Vedremo,
se essenzial li cambieremo!”
Quanti leader del Pd
si impegnarono così

con un quattro poi in pagella?
Ma entusiasta n’è Nardella:
“Quant’è rock il segretario!”
La moral, caro diario:

“Sì Nicola è proprio tosto,
tanto fumo e poco arrosto.
Sì lo Zinga è proprio rock,
poco arrosto e tanto smoke!”

blog MicroMega, 20 gennaio 2020

Il governo dei Curiazi

Una maggioranza mai nata. Una crisi strisciante logora dopo 50 giorni il governo che nessuno voleva: né Zingaretti né Di Maio.
(L’Espresso, 27 ottobre 2019)
Non sprecare una sconfitta.
(la Repubblica, 30 ottobre 2019)
Il governo di nessuno.
(L’Espresso, 10 novembre 2019)

Il governo dei Curiazi

Il connubio giallo-rosa
nacque con appoggi a iosa
e piaceva proprio a tutti:
a Trump ed ai farabutti

che gli fanno da lacchè,
alla Merkel e alla Ue,
a Francesco in Vaticano
ed al fanfaron toscano,

a Landini e Cgil,
al creator dei 5 Stelle
Beppe Grillo e a Fratoianni
della zecca red nei panni.

Solo i due promessi sposi
apparivano dubbiosi:
troppi insulti nel passato,
un disdoro ricambiato,

la fiducia sotto zero.
E’ difficile davvero
il poter dimenticare
ed insieme governare

con un’alleanza finta
e una maggioranza stinta.
IL governo triste arranca
e ogni giorno la fa franca

con un quotidian prodigio
fra un dispetto ed un litigio,
un avanti ed uno stop,
un accordo e un nuovo flop.

Il problema di Di Maio
è Salvini, il parolaio
che gli ruba eletti e voti
e perciò i grillini idioti

fanno quel che vuole lui
riportando tempi bui
per Europa e immigrazione.
Quindi no all’abolizione

dei decreti sicurezza
e alla Ue mai una carezza.
Il Pd, che è nel sistema,
con Salvini e Lega rema

su giustizia, prescrizione,
falsa lotta all’evasione
senza cella agli evasori
e sfacelo ai territori.

Per non dir del tosco putto
che al suo ennesimo debutto
sol per far guerra al Pd
si arrufiana a alterni dì

con Di Maio e coi grillini,
coi leghisti e con Salvini.
L’importante e far vedere
che anche se non è al potere

ha il potere di dir no
e lo usa più che può.
Si va avanti salvo intese
e sul povero Paese

con tre capi di tal risma
piomberà un bel cataclisma.
Gli alleati non più tali
nei certami elettorali

perderan come i Curiazi
che il sol vivo degli Orazi
ammazzò come sapete
e il governo del Papeete

con Salvini, la Meloni,
Casa Pound e Berlusconi
quanto prima arriverà.
Eia, eia, Alalà!

blog MicroMega, 16 dicembre 2019

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