Lorenzo Guerini, politico mini

Il progetto sbagliato della piscina coperta e l’appalto taroccato per “salvare” Guerini.
(il Fatto Quotidiano, 5 maggio 2016)
A Lodi si indaga sulla piscina di Guerini.
(il Fatto Quotidiano, 6 maggio 2016)
Guerini, la politica è una cosa bella. Ma a volte anche no.
(il Fatto Quotidiano, 11 aprile 2017)

Lorenzo Guerini, politico mini

Il parlare di Guerini,
il più inan dei manichini
di un partito che è una frana,
può sembrare cosa vana,

come raccontare il nulla
di un cervello che non frulla,
di un motore che non romba,
di un leghista che non tromba.

In più c’è il dubbio che esista
pur se par vero alla vista,
un Rosato, ma civile,
una Debora al maschile,

la friulana pasionaria
con lui vice segretaria.
Nato a Lodi, nella bassa,
vegeta nella melassa

della bella cittadina
con onore e disciplina,
la politica lo tenta,
la Cattolica frequenta.

Dottor in Scienze politiche,
nutre convinzion granitiche
sul valore di Andreotti
e di tutti i suoi picciotti.

Democristo pien di ardore,
consigliere ed assessore
per la mitica Dc
e l’erede Ppi,

diventato popolare,
il marpion si dà da fare
ed è eletto, come niente,
in Provincia presidente,

il più giovane d’Italia,
un politico che ammalia
poiché a meno di trent’anni
poggia il cul sugli alti scranni.

Dopo il bis la sua carriera
sembra il Re sulla scacchiera
e fa il sindaco di Lodi,
precedendo i tempi e i modi

del toscan peracottaro
che in futuro sarà il faro
del burocrate Guerini.
Per far lieti i cittadini

questo sindaco emergente
nel Pd allora nascente
vuol far un polo sportivo
del valore complessivo

d’oltre dieci milion d’euro.
Manca chi chiami la neuro
e il progetto con piscina
parte con il nom Faustina.

I quattrin son del privato
che un doman sarà pagato
ottenendo la gestione,
ma a pagare è Pantalone

poiché la cooperativa
va ben presto alla deriva:
non ci sono più quattrini
e incominciano i casini

che poi porteranno al flop
coi ritardi per gli stop,
le penal non incassate,
le fideiussion pagate

coi quattrini comunali,
le infrazioni contrattuali,
le varianti dei progetti
con le frodi ed i trucchetti.

Di Guerini la piscina
sarà pure la rovina
del suo successor brighella
che andrà dritto dritto in cella.

Ma Guerini vien premiato
e diventa deputato
alla corte di Bersani.
Fiuta l’aria e l’indomani

salta sopra il carrozzone
del toscano fanfarone
che lo nomina suo vice
ed inutile appendice.

Portavoce del partito,
ogni tanto quel vagito
che vien fuori dalla gola
fa intuir qualche parola,

ma in realtà non dice niente
che sia logico e coerente:
serve solo al democristo
per dir: “Sono qui ed esisto!”

blog MicroMega, 21 aprile 2017

Martina chi?

Martina chi sul tandem Pd.
Invisibile, lavoratore, reduce da giravolte e sconfitte. Ma per il ministro ora arriva la ribalta. Grazie al ticket con l’ex premier.
(L’Espresso, 12 marzo 2017)

Martina chi?

Renzi pare aver capito
che il Pd è ormai un partito
troppo a destra e gli elettori
stan cercando nuovi amori.

Anziché cambiare rotta,
fa una mossa galeotta:
forma un ticket con Martina,
la sinistra meneghina

un mix fra magico giglio,
ed un timido coniglio.
Studi da perito agrario
laurea e a lungo funzionario

di un partito che partì
da Pci e arrivò Pd.
Sul Ciao con camicia a scacchi,
pugno chiuso e modi fiacchi,

con un far gentiloniano
esordì da veltroniano,
militò con Franceschini
e poi fu tra i beniamini

di Bersani Pierluigi.
Quando il Renzi dei prodigi
mise fine ai tempi bui
lesto si schierò con lui

sulla vetta dell’Impero
incassando un ministero,
quello dell’Agricoltura
e da allora se ne cura

con solerzia, disciplina
e efficienza meneghina.
Quando Silvio era il messia,
segretario in Lombardia

di un partito derelitto,
mille volte fu sconfitto
come un povero pirlotto.
Perse le elezion nell’otto,

le province l’anno appresso,
fu nel dieci fatto fesso
da Giuliano Pisapia
che Milano portò via

a Boeri, candidato
del Pd che fu beffato.
Grazie a doti eccezionali
perse pur le regionali

quando subentrò Maroni
al Celeste Formigoni
pien di grane giudiziarie.
Perse infine le primarie

con quel Cuperlo che, ahimè,
arrivò terzo su tre.
Ordinato, un po’ sbiadito,
invisibile, compito,

incapace di battute,
sembran pillole scadute
le sue misere concioni
in un mondo di marpioni.

Ricordate Enrico Letta
da Matteo fatto polpetta?
Letta con le gomme a terra
sembra un fulmine di guerra

a confronto con Martina,
uomo senza adrenalina
e l’amato Mattarella
che dà la sbadigliarella

a confronto con il rosso
sembra un mare molto mosso.
Se Martina è di sinistra
la Madia è una ministra,

Berlusconi un indigente,
Mattarella un presidente,
Matteo Renzi uno statista
e Salvini uno jiahdista.

Il boy scout è un gattopardo
che per vincere al traguardo,
come sempre dal debutto,
finge di cambiare tutto,

ma in realtà con cambia nulla
e col ticket si trastulla
in maniera vergognosa:
la sinistra è un’altra cosa.

blog MicroMega, 23 marzo 2017

Democratici e Progressisti

I politici amano la poltrona più del paese. (lettera)
(il Fatto Quotidiano, 21 febbraio 2017)
Dietro le finte scissioni non c’è alcun ideale. (lettera)
(il Fatto Quotidiano, 23 febbraio 2017)
“PDEXIT”, troppo pochi, troppo tardi.
(il Fatto Quotidiano, 24 febbraio 2017)

Democratici e Progressisti

La storia di un’intrepida scissione
è solo una mostruosa pagliacciata
che consente al ducetto fanfarone
e ai servitori della sua brigata
di rimettere il cul sulle poltrone
con una ignominiosa gazebata.
Uscire dal Pd quando al bulletto
i No! a milioni hanno fatto effetto

ed è più debole il suo progetto
è una mossa da poveri imbecilli.
Il dire: “Me ne vado, non aspetto”
mentre stanno crollando i suoi birilli,
è una rinuncia a fargli lo sgambetto,
è dare nuova forza ai suoi vessilli.
I Democratici e Progressisti
che si comportano da masochisti

sono in politica poveri cristi,
il tempo dell’addio è ormai passato.
Che facevano questi scissionisti
ai tempi in cui il Bomba assatanato
trattava al Nazareno coi forzisti
e in sintonia si era dichiarato
con Berlusconi fresco galeotto?
Quando sparì l’articolo diciotto?

Quando la Buona Scuola fu un casotto?
Quando lo Sblocca Italia fu approvato
e non ne fecero un quarantotto?
Quando l’Italicum fu strombazzato
la legge elettorale con il botto
che tutta Europa avrebbe scopiazzato?
Quando la madonnina Maria Etruria,
salita in cattedra con gran goduria,

partorì dal cervello fatto anguria
la rovina della Costituzione,
per la comunità tremenda ingiuria
grazie a un Senato da allucinazione?
Quando Verdini, di onestà penuria,
in maggioranza entrò con il cialtrone?
Quando noi soffrivam pene d’inferno
nel subire i soprusi del governo?

Quando Matteo con sorrisin di scherno
dei sindacati si prendeva gioco?
Quando la prescrizione, male eterno,
restò grazie a un ministro molto fioco?
Quando con Renzi era sempre inverno
e in ciel di sol se ne vedeva poco?
Quello era il tempo di fuggire via
e di salvare la democrazia.

Scoprire che il renzismo è una follia
oggi soltanto sembra tardi assai
e fa aumentare sol la compagnia
dei movimenti pien di parolai
che mostrano la rossa mercanzia
come fanno in vetrina i bottegai.
Non serve a nulla un gruppo macilento
che se va bene prende il tre per cento,

mentre il Pd si mette in movimento
e candida Emiliano e il prode Orlando
a segretario contro il boy portento.
L’uno che per il Che si va spacciando
e fa girar la lingua con talento,
l’altro ch’è il cocco di Giorgio il nefando.
Tre candidati che ci fan scappare,
anche Speranza ci poteva stare.

blog MicroMega, 1 marzo 2017

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