Fuochi d’artificio

Salvatore Settis. La svolta decisionista. “Renzi è un figlio padrone”.
(il Fatto Quotidiano, 14 giugno 2014)
Renzi, il bulletto che fa il premier.
(ibidem)
Il pifferaio magico fa miracoli e prende cantonate.
(la Repubblica, 15 giugno 2014)
“Noi vogliamo”: il dizionario del rottamatore.
(il Fatto Quotidiano, 15 giugno 2014)

Fuochi d’artificio

Il quarantun per cento alle elezioni
ha montato la testa al fiorentino:
contando i voti il re dei fanfaroni
è diventato proprio un berluschino.

“Dieci milion – gioiva il Cavaliere –
mi salveranno il cul dalla Giustizia!”
“Con dodici milion vi fo’ vedere –
si è messo a proclamar Mister Furbizia –

che a furia di riforme cambiam verso!”
Ed è un continuo fuoco artificiale
che fa apparir nell’alto cielo terso
disegni di bellezza eccezionale

con sequenze di botti e di colori,
come lapilli usciti da un vulcano
per l’entusiasmo degli spettatori
conquistati dal dono del sovrano.

I fuochi si susseguono nel cielo:
uno si spegne, l’altro sale e esplode
e ai crucci quotidiani fanno velo
celando il bluff della renziana frode.

Ogni fuoco che scoppia è una riforma
che per un attimo soltanto esiste,
l’attimo dopo in nulla si trasforma.
Quante riforme stanno nelle liste?

Il lavoro, la macchina statale,
la Rai, la scuola, la Giustizia offesa,
il Senato, la legge elettorale,
la sanità, il fisco, la difesa.

Ma non ne parla solo il parolaio,
il dizionario del rottamatore
è egual per i galletti del pollaio
ed ogni frase ha un eco emulatore.

Sono i guardian della rivoluzione,
i colonnelli di belle speranze,
a modo suo ciascun fattosi clone
dello spauracchio delle minoranze.

Sentito Renzi, il resto è un copia/incolla:
stesse parole, stessa intonazione,
stessa postura che gli schermi affolla
di ogni canal della televisione.

“Non accettiamo veti da Mineo!”
dice Picierno, l’eurodeputata,
cioè la stessa frase che Matteo
da qualche parte ha appena pronunciata.

“Il voto alle primarie è stato chiaro!”
un giorno sentenziò la Serracchiani,
la stessa frase detta paro paro
dal salvator di tutti gli italiani

“Il partito ha discusso ed ha votato,
non una volta sola, ma ben tre!”
ha detto il capogruppo del Senato,
la stessa frase detta dal premier.

“E’ l’Italia che vuole le riforme!”
afferma alla tivù Madonna Boschi.
E’ ciò che disse l’uomo che non dorme
e vedi sui giornali in tutti i chioschi.

“Per cambiare le cose siamo qui,
non sol per annunciarle!” Bonafé,
in Europa mandata dal Pd,
dice la frase esatta del premier.

Ha conquistato tutti il pifferaio,
le Camere, le piazze ed il partito:
ottanta euro, un pien dal benzinaio,
gli ha procurato quasi un plebiscito.

Lo ha già spiegato Gianbattista Vico
coi corsi ed i ricorsi della storia.
E’ quello dell’Italia un vizio antico:
fidarsi dei gradassi pien di boria.

Successe con Benito Mussolini,
poi con Bettino, poi con Berlusconi.
Or tocca a Renzi con i suoi renzini
fregare un’altra volta i creduloni.

blog MicroMega, 16 giugno 2014

La posta di nonno Giorgio

Lettera del Presidente della Repubblica un anno dopo la rielezione.
(Corriere della Sera, 18 aprile 2014)
De Bortolitano.
(il Fatto Quotidiano, 19 aprile 2014)
Re Giorgio, crucci e promesse: la riforme e poi me ne vado.
(ibidem)
La prosa guizzante. Tra “stato di paralisi” e “concentrica pressione”.
(ibidem)

La posta di nonno Giorgio

Anniversario della rielezione.
De Bortoli e Corriere della Sera
chiedono a Sua Maestà la recensione
di come andò la nuova primavera.

Dall’alto del suo trono il Presidente
in buon politichese ha raccontato.
“Non ho il minimo dubbio, fui vincente
in un lavoro faticoso e ingrato.

Non avrei mai voluto ritornare,
ma i pellegrini son saliti al Colle
in piena confusion per implorare
che, invece di restarmene in panciolle,

riprendessi la guida del Paese
come ho fatto nei primi sette anni.
Sol io so cucinar la larghe intese
fra il partito che è nato per gli inganni

e un vecchio malfattor pregiudicato
al momento ancor fuor dalla galera.
Mi ricordo la crisi dello Stato
nonché l’apocalittica atmosfera

di una paralisi istituzionale,
il rischio che salisse fino a qua
e si installasse dentro il Quirinale
un tipo losco come Rodotà,

il terror che le bande a Cinque Stelle
portassero il Paese alla rovina.
Di fronte a queste orrende tremarelle
per la fin dell’Italia ormai vicina

non mi restò che sfoderare il brando
e dell’esercito degli sbandati
col mio coraggio assumere il comando.
Gli italiani son sempre fortunati.

Grazie a me, ad Enrico e a Berlusconi,
con il governo detto a larghe intese
i risultati sono stati buoni:
il premier è caduto al nono mese,

per l’arrivo di un giovane messia,
senza fare nemmeno una riforma
e senza risanar l’economia.
Però sul Colle vige il nessun dorma!

Il caiman, diventato delinquente,
vien con tutti gli onori al Quirinale
ed il governo non può fare niente
che non piaccia al novello criminale.

L’economia è stata risanata,
calan le tasse senza coperture,
la legge elettoral, altra porcata,
prepara per doman nuove iatture.

Del Senato con la trasformazione
e con un premierato assai più forte
stan massacrando la Costituzione
e la democrazia mandando a morte.

Pertanto il risultato è positivo
malgrado intrighi, atteggiamenti e fatti
che di me hanno fatto un obiettivo
per il discredito dei mentecatti.

E’ ormai molto vicina la vittoria,
ma irrinunciabile resta l’impegno
di arrivar fino al giorno della gloria.
Il giorno dopo finirà il mio regno!”

Fra un tripudio di applausi ed ovazioni
inneggia all’uom del Colle il parco buoi:
“La supplichiam, Maestà, non ci abbandoni
e ancora per un po’ resti con noi!”

blog MicroMega, 23 aprile 2014

Un quarantenne nonnodipendente

Letta lancia la sfida dei quarantenni. “Tocca a noi, guai a fallire. Subito le riforme, Renzi non vuole il voto”.
(la Repubblica, 24 dicembre 2013)
Letta: svolta generazionale, noi quarantenni senza più alibi. Nel 2014 riforme e ripresa.
(ibidem)
La modernità e il tatticismo.
(ibidem)
Letta, quarantenne in fuga. “Giù le mani dal Quirinale”.
Nella conferenza di fine anno il premier rivendica: ho ringiovanito il governo.
(il Fatto Quotidiano, 24 dicembre 2013)

Un quarantenne nonnodipendente

E’ fine d’anno e in conferenza stampa
si esalta il nipotino Enrico Letta,
il qual per la vergogna non avvampa
nel raccontar la nuova barzelletta

di una generazion di quarantenni
che, saltando trent’anni in calendario,
supererà gli ostacoli perenni
di una Nazione avvolta nel sudario.

Albero di Natale alle sue spalle,
con profumo d’incenso e stil curiale,
propina ai giornalisti le sue palle
sul miracolo generazionale.

Di fronte a Renzi e ad Angelino Alfano,
in politica nuovi pressoché,
la marionetta di Napolitano
la novità reclama anche per sé.

Finge di non saper che l’abbiam visto
da decenni in politica impegnato,
inizialmente come democristo
ed or da progressista mascherato.

Pachiderma che lepre vuol sembrare,
percorre la sua strada Lettamente,
copyright Grillo, intento a raccontare
le abitual menzogne di chi mente.

In soltanto sei mesi Lui farà
quello che in dieci anni non han fatto
tutti i politici quaraquaquà
ai quali i quarantenni han dato sfratto.

I primi passi verso le riforme
del Senato e dei seggi in Parlamento.
La legge elettoral con nuove norme.
Delle provincie l’annichilimento.

Un pian per il lavoro ormai scordato.
Spending review e lotta all’evasione.
Il rientro, da secoli aspettato,
dei quattrin dàlla Cònfederazione.

Le norme contro l’autoriciclaggio,
la criminalità e i reati annessi.
Ed infin, proprio come in un miraggio,
la morte del conflitto d’interessi.

“Siamo una bella squadra e lo vedrete:
il trio Matteo, Enrico ed Angelino
è in grado di raggiungere le mete
che tutti porteran fuor dal casino!”

La conferenza stampa è ormai alla fine,
la platea, già mezza addormentata,
rimpiange Berlusconi e le olgettine,
quando Letta fa l’ultima sparata:

“Abbiate fede in me, un quarantenne
che se si trova qui può ringraziare
un vecchio comunista novantenne
che suo tramite vuole governare!”

Ma è il solo scudo che protegge Letta.
Il giorno in cui Re Giorgo se ne andrà
perché canaglia Renzi lo sgambetta,
dentro la sua melassa annegherà

blog MicroMega, 29 dicembre 2013

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