Le Amazzoni di Matteo

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Renzi, un disastro dal colore rosa (di Daniela Ranieri).
(il Fatto Quotidiano, 13 maggio 2017)

Le Amazzoni di Matteo

Era un apogeo rosé
quello del baby premier
che, veloce come il vento,
arrivava in Parlamento

con la Smart e il Frecciarossa.
Finalmente la riscossa
femminile era realtà,
otto donne, eccole qua:

Lorenzin, Guidi, Giannini,
Madia, Boschi, Mogherini,
la Pinotti e la Lanzetta.
Che compagine perfetta!

“Un governo di speranza!”
“Una è pure in gravidanza
e una donna col pancione
farà il ben della Nazione!”

“C’è il Rinascimento a Roma!”
“Hurrà per quel cromosoma!”
“E’ gens nova che assicura
il riuscir dell’avventura!”

“Son le Amazzoni renziane,
non le girl berlusconiane!”
Serie, toste, preparate,
non le femmine scosciate

di quel Berlusconi indegno,
non le hostess da convegno,
le igieniste per i denti
che le notti fan bollenti,

ma le ancelle del merletto
che davanti al caminetto
tesseranno le riforme
del Pinocchio che mai dorme.

Otto giovani leonesse:
c’eran tutte le premesse
di un trionfo universale,
ma purtroppo finì male.

Mogherini fu la prima
a lasciare l’Alta Cima:
Renzi la spedì alla Ue
sol per evitare che

ci finisse quel D’Alema
ch’è da sempre il suo problema.
Se ne andò poi la Lanzetta,
anti ‘ndrangheta perfetta:

capì che il calabro inferno
era meglio del governo
per chi vuole dar battaglia
ben lontan dalla marmaglia.

A approdare ad altri lidi
terza fu la dura Guidi:
l’espression che la immortala,
sguattera del Guatemala,

rinfacciata al suo ragazzo
dedito all’intrallazzo,
non calzava ad un governo
con l’onesto scout per perno.

La Giannini all’Istruzione
se ne andò con un calcione
poiché la sua Buona Scuola
pur lodata a squarciagola

abortì miseramente.
Subentrò una grande mente
senza laurea né diploma,
ma col giusto cromosoma,

la Fedeli, chioma rossa
che qualunque maschio affossa.
Che dir della Lorenzin?
La ministra di Angelin

più che della Sanità
lo par della Nullità.
Non è il nulla la Pinotti
che, passando le sue notti

a sognar la guerra anfibia
sulle coste della Libia,
nelle feste di paese
con mimetica, pavese

e una mira straordinaria
spara coi fucili ad aria.
Resta ancora il duo sciagura.
Quel campione di bravura

che è l’angelica Madia,
killer di burocrazia,
sempre a caccia di furbetti
dai comportamenti abietti

che con valentia strapazza,
mentre la tesi scopiazza
con sottil genialità
e riforma la P.A.,

ma con tali baggianate
che la Corte le ha bocciate.
Ed infin la perla rara,
Maria Elena, giaguara.

Una Rania di Giordania
che per Banca Etruria smania
per salvare il suo papà.
Una che nel Congo va

per recuperar bambini
e ne torna coi treccini.
Una che tirò il bidone
della sua Costituzione

ad un povero Paese
che col voto si difese
dandole un gran calcio in culo,
ma testarda come un mulo

è ancor lì grazie a Matteo.
Di quel biondo gineceo
resta dunque poco assai.
La moral sui loro guai?

Le otto Amazzoni adorate
dal boy scout son state usate
per il suo sporco disegno
come quel caimano indegno

fece con le sue olgettine.
Laureate oppur sgualdrine,
Università o bordello,
per riuscir ci vuol cervello.

Copyright con Daniela Ranieri

blog MicroMega, 17 maggio 2017

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