11 aprile 2010
Messo al sicuro il culo al Cavaliere
fino alla prossima salita al Colle,
il capo dello Stato fa l’alfiere
del bel sogno delle padane folle.
Mentre “Federalismo!” invoca Bossi,
Napolitano incontra Calderoli,
delle riforme uno dei colossi,
secessionista dai romani suoli.
Non contento, al Vinitaly si fionda
dove il sindaco loda, Flavio Tosi,
il pensator della trovata immonda
di bus per soli clandestin schifosi,
colui che il tricolor tirava giù.
“Le sue parole d’oggi faccio mie,
la sua Verona è emblema di virtù
senza razzismo e lotte con le etnie!”
Zaia sprizza una gran felicità:
“E’ dei nostri oramai Napolitano
e il sol di Napoli ci scalderà
come dei nostri monti il sol padano!”
Tutto questo è avvenuto di mattina,
prima d’aver brindato ad Amarone,
il che vuol dir che corre alla rovina
la nostra miserevole Nazione.
La morale? L’arzillo ultraottantenne
vuol giungere alla fine del mandato
da angustie e da preoccupazioni indenne.
“Cuor di leone non si è mai mostrato,
pertanto non s’impicci di riforme,
dorma a Napoli, a Capri, a Positano,
poiché farebbe certo un danno enorme
giocando allo statista con il nano”.