Il bello addormentato nei Boschi

Renzi a confronto con Obama, l’Europa e il referendum.
(la Repubblica, 23 ottobre 2016)
E’ stata l’upupa.
(il Fatto Quotidiano, 28 ottobre 2016)
“Il Presidente non può avere colloqui privati”.
La sbigottita reazione di Pace al Sì del Quirinale comunicato a Scalfari.
(ibidem)

Il bello addormentato nei Boschi

Mentre la battaglia infuria
sui casin che Maria Etruria
farà con la sua riforma,
mentre canta Nessun dorma

il toscan tristo messere
che vuol sempre più potere,
mentre Giorgio Re il golpista
tutti i giorni scende in pista

coi suoi moniti di parte,
mentre truccano le carte
tutti i sapienton del Sì
perché Renzi vuol così,

mentre finanziarie squali,
turpi multinazionali,
biechi centri di potere
van cantando il miserere

ove mai vincesse il No,
mentre della Ue i kapò
stan facendo i finti tonti
col boy scout che trucca i conti

affinché il Si non perda
e restiamo nella merda,
mentre pur Barack Obama,
oramai impotente, trama

perché vinca Sua Arroganza,
mentre la vil minoranza
del Pd, fuor di cotenna,
sempre più nicchia e tentenna,

mentre i tipi alla Benigni
si fan, affinché ti indigni,
leccacul voltagabbana
per il duce alla toscana,

mentre tutto ciò succede
e lo schifo prende piede
fino a farti vomitare,
un articolo compare,

di carattere esplosivo,
su un giornal governativo.
Scalfari ne è lo scrivente:
“Ha parlato il Presidente!”

Ma chi, Sergio Mattarella?
Quello che, senza favella,
a parlar non si avventura
nemmen sotto la tortura?

Quella delle tre scimmiette
che parole non emette?
Colui che a guardarlo in viso
ti si gela ogni sorriso

e ti prende lo sconforto
perché pensi d’esser morto?
Ha parlato? E cosa ha detto?
Che è tifoso del ducetto

che lo ha messo al Quirinale
e perciò il suo Sì è normale,
sicula riconoscenza
di un picciotto di eccellenza.

Bando alla neutralità
che di moda più non va
e saluti al giuramento,
fatto da Sergio al momento

della provvida elezione,
sulla attual Costituzione.
E poi Sì vuol dir futuro
con l’ignobile figuro

che il Pd ci ha rifilato,
mentre il No vuol dir passato,
come Sergio Mattarella,
buco senza la ciambella.

Taccia, illustre Presidente,
torni ad essere silente,
anzi dorma! Lei dà il meglio
da dormiente che da sveglio.

blog MicroMega, 2 novembre 2016

Qualis pater, talis filius

Referendum prostituzionale.
(il Fatto Quotidiano, 28 settembre 2016)
Trova le differenze, Matteo e Silvio. Casco, lavagna e alleati: gli stessi.
(il Fatto Quotidiano, 30 settembre 2016)
Sul settimanale di Berlusconi. La comunione della figlia, Agnese e qualche spot.
(ibidem)
I miracoli di un Santo Pop: a Silvio tutto è perdonato.
(il Fatto Quotidiano, 1 ottobre 2016)
Infermieraaaaah!
(il Fatto Quotidiano, 2 ottobre 2016)

Qualis pater, talis filius

A settembre, il ventinove,
il Paese si commuove:
Silvio, il vecchio barbagianni,
ha compiuto gli ottant’anni.

Tutti inneggiano al Banana:
panegirici, peana,
plausi, osanna, encomi, auguri,
che trent’anni ancor ci duri…,

gli pervengon da ogni parte.
E’ l’oblio in Italia un’arte
coltivata ed alla grande:
Silvio ci ha messi in mutande,

ha corrotto con dovizia,
ha adattato la Giustizia
alle proprie convenienze,
ha comprato le sentenze

e un bel po’ di Parlamento,
ha mentito a ogni momento,
ha tradito le promesse,
ha curato il suo interesse,

ha aiutato i malfattori,
favorito gli evasori,
ha distrutto il Belpaese
peggio di una guerra al mese.

Eppur tutti lo han lodato:
organismi dello Stato,
vecchi rivoluzionari,
leccacul, ladri, compari,

giornalisti intransigenti,
ex nemici compiacenti,
vecchi amori, signorsì
e più di mezzo Pd.

Per timor dei tempi bui
di un doman senza di lui
fra sé e sé ciascun si chiede:
“Lascerà Silvio un erede

che con lui faccia staffetta?”
La risposta arriva in fretta.
Chi abolì in quattro e quattro otto
quell’Articolo diciotto

che tutela chi lavora?
Chi ha mandato alla malora
la Giustizia e i magistrati
trasformati in imputati?

Chi difende gli evasori?
“Dalla Rai i partiti fuori
da domani!” chi lo disse,
per poi far l’apocalisse

con chi sembra a lui contrario?
Chi il Porcellum leggendario
in Italicum cambiò
e il maial si reinventò?

Sulla prima casa chi,
come Silvio fece un dì,
tagliò l’Imu anche ai ricconi
con ingenti patrimoni?

Chi della Costituzione
fa un orrendo zibaldone,
vuol che la democrazia
in un amen vada via,

del Senato fa sterminio
riducendolo a abominio
e col bicameralismo
gioca con funambolismo?

Chi governa con Alfano,
come un dì fece il caimano,
con Cicchitto e con Verdini,
l’uomo dai mille casini?

Le Olimpiadi chi le vuole,
pur se è chiaro come il sole
che son soldi sputtanati
per noi che siamo spiantati?

Chi, come Silvio tutti i dì,
coi suoi cari va su “Chi”?
Chi vuol, come un dì l’Ometto,
fare il Ponte sullo Stretto?

Chi scrivendo alla lavagna
ci racconta la cuccagna
del suo Patto per l’Italia
che i fan creduloni ammalia?

Chi col casco da cantiere,
come fece il Cavaliere,
ogni giorno taglia nastri
anche sol per tre pilastri?

E’ un curriculum perfetto
per l’erede dell’Ometto
il cui nom alto rimbomba:
“Il suo erede è Renzi, il Bomba!”

blog MicroMega, 7 ottobre 2016

Dal garofano al giglio magico

Arraffael.
(il Fatto Quotidiano, 18 ottobre 2015)

Dal garofano al giglio magico

L’han chiamato Berluschino,
ma da sosia di Bettino
certamente non sfigura,
quasi uguale, addirittura.

Oggidì e trent’anni fa
in assai giovane età
ecco i nostri due compari
del partito segretari.

Due politici aggressivi,
disinvolti, sbrigativi,
sbruffon, bulli, baldanzosi,
arroganti e presuntuosi.

Sempre avversi al Parlamento
sia d’ostacolo che lento.
Ostil ai contro poteri:
giornalisti battaglieri,

sindacati, oppositori
e piemme indagatori.
Contro saggi e intellettuali,
detti un dì “dei miei stivali”

con disprezzo da Bettino,
mentre il guitto fiorentino
li chiamò professoroni
nonché gufi coi suoi cloni.

Di sinistra sedicenti,
ma in realtà destri fetenti
circondati da stilisti,
riccon, giovani affaristi,

da damazze e nobilastri
sempre in vena di disastri.
Come capi di governo
cantor d’ottimismo eterno,

di sviluppo, di ripresa,
sempre lì, ma sempre attesa
da chi nella merda arranca.
Campion in camicia bianca

che confondono il privato
con il senso dello Stato,
l’un con Bobo e Pillitteri,
come Craxi l’altro ieri,

l’altro, il mentitor brighella,
con il babbo e la sorella.
Ambedue contro il partito
con destrezza convertito

in club di lacchè, questuanti
e di femmine adoranti:
giglio magico di qua
e garofano di là.

Del poter la bulimia
li ha portati sulla via
di pinguedine accentuata.
Per entrambi una brigata,

non di alpini con i muli,
ma di servi, leccaculi,
bambole d’aspetto bello:
le Boniver, le Cappiello,

le Madia-Boschi-Moretti.
Ugual per i due soggetti
la grandeur che il volgo acceca:
la piramide Panseca

quando Craxi stava in tolda
ed adesso la Leopolda
e l’aereo del ducetto.
Per i due stesso difetto:

stare a sbafo a casa altrui.
Craxi al Raphael, tempi bui,
Matteo Renzi chez Carrai,
l’uomo che i salvadanai

colma per il fanfarone.
L’un di Silvio testimone
alle nozze con la Lario,
Renzi dell’ottuagenario

lo spregevole figlioccio,
fin da quando era un bamboccio
con il culo nell’ovatta.
Ora Renzi ce l’ha fatta

a arrivare all’apogeo,
ma al confronto con il reo
e con Craxi Benedetto
è il peggiore del terzetto.

blog MicroMega, 23 ottobre 2015

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