Bye bye vaffa e ruspa addio!

Salvini dà gli ordini a Mattarella. Di Maio lo avverte e riapre al Pd.
(il Fatto Quotidiano, 17 aprile 2018)
Governo, oggi tocca a Casellati.
(la Repubblica, 18 aprile 2018)
Votato e poi cambiato, così è stato riscritto il programma M5S.
(ibidem)
Casellati, la missione è già fallita.
(la Repubblica, 19 aprile 2018)
La Casellati ha già fallito, ora Mattarella aspetta il Pd.
(il Fatto Quotidiano, 19 aprile 2018)
I 5 Stelle cambiano programma: realpolitik da usare con cautela
(ibidem)

Bye bye vaffa e ruspa addio!

Quattro marzo, Italia al voto.
Risultato: un terremoto,
hanno vinto i populisti.
Milion di poveri cristi,

di infelici, di precari,
di sfruttati, di gregari
hanno detto no al sistema,
da domani nuovo schema.

Tutto quanto cambierà:
fin della stabilità,
uscirem dalla melassa.
La flat tax, la piatta tassa,

farà ricchi tutti quanti.
Spariran tutti i migranti,
il lavoro abbonderà,
la Giustizia trionferà,

guarirem da ogni malanno,
i cervelli torneranno,
con la fin d’ogni degrado
noi vivrem nell’Eldorado.

Con Di Maio non si scherza,
la Repubblica, la terza,
viene al mondo coi grillini
e i leghisti di Salvini,

gente da rivoluzioni.
Stop a Renzi e Berlusconi,
basta con le larghe intese!
Farà il bene del Paese

non più quel Napolitano
che fu orribile sovrano,
ma il paziente Mattarella,
fra una e l’altra pennichella.

Passa un giorno, passa l’altro,
fanno a gara a chi è più scaltro
il grillino ed il leghista,
già con qualche nube in vista.

Giro di consultazioni:
veti, dubbi, bluff, tensioni,
fra battute e cinguettii
si susseguono i rinvii.

Altro giro al Quirinale
ma lo stallo resta tale
e al Vinitaly a Verona
non è ancor la volta buona.

Con la ruspa nel parcheggio
e la banda Casaleggio
che addolcisce il suo programma
si dissolve pure il dramma

del timor del populismo,
ma i campion di equilibrismo
non si mettono d’accordo,
la vittoria è ormai un ricordo.

Spara ognuno un bla bla bla
sul governo che verrà:
scopo, tregua, transizione,
balnear, decantazione.

E’il momento di esplorare:
Mattarella ci sa fare,
sceglie come esploratrice
la migliore senatrice,

una che con ben due nomi
e due nobili cognomi
di Mubarak fu la zia
quando Ruby dava via

quel bel nido a Berlusconi.
Fa le sue consultazioni
su una gondola dorata
da sei dogi circondata.

La scintilla, ahimè, non scocca
e Di Maio non abbocca:
“Forza Italia e il Cavaliere
stian lontani dal potere!

A Salvini marameo,
da doman cambio Matteo
e mi alleo con il Pd.
Renzi mi dirà di sì!”

Fu così che i populisti
diventati democristi
sono entrati nel sistema
ingoiando ogni anatema,

mentre sale la melassa
e del popolo la massa
lancia l’ultimo schiamazzo:
“Qui non è cambiato un cazzo!”

blog MicroMega, 19 aprile 2018

Un rito trito e ritrito

Il capo dello Stato indica le urne di marzo come una “pagina bianca”: è la risposta alle ipotesi di scenari già definiti tra cui un Gentiloni bis.
(la Repubblica, 2 gennaio 2018)
Verso il voto. Dal Colle uno dei messaggi più brevi di sempre per indicare nella Costituzione la guida dopo le urne: l’attuale governo scadrà e tutti sono in lizza.
(il Fatto Quotidiano, 2 gennaio 2018)

Un rito trito e ritrito

Capodanno del diciotto.
Rituale pistolotto
dell’esimio Mattarella
che ritrova la favella

per il solito intervento,
un tot di parole al vento
nel suo bel politichese,
con l’intento ben palese

di parlar senza dir niente
come avviene abitualmente.
Ha una breve autonomia,
dodici minuti e via

dopo il mesto discorsetto
per tornar nel proprio letto
a aspettare mezzanotte
con un gruppo di marmotte.

Inno, auguri rituali
e poi con un colpo d’ali
parla di Costituzione:
settant’anni sul groppone,

la cassetta degli attrezzi
per tenere insieme i pezzi
di un difficile paese.
Non palesa il vecchio arnese

neanche il minimo rimorso
per il rischio appena corso
grazie al duo Boschi-Matteo
e al suo agire da Morfeo.

Vanta la sovranità
popolar. “Si voterà
con la legge elettorale
per le due Camere eguale!”

enfatizza senza, ahimè,
far presente però che
saran i parlamentari
da partiti e segretari

per due terzi nominati,
non dal popolo votati,
cosicché sul foglio bianco
che col suo parlare stanco

ha promesso agli elettori
han già scritto lorsignori.
Poi l’accenno assai fugace
alle gioie della pace:

in Italia mai più tombe
poiché con le nostre bombe
si muor in altre Nazioni,
ma i guadagni sono buoni

per la nostra economia.
Nella sua stracca omelia
cita pure il territorio:
“Di difesa è meritorio!”

Brucia tutto lo Stivale?
Aboliam la forestale!
Più sacchetti a pagamento!
Più trivelle e meno vento!

Più petrolio e meno sole!
Più gasdotti e meno aiuole!
Ecco il tema del lavoro
più prezioso ormai dell’oro,

essenzial question sociale
anche per il Quirinale
che una formula consiglia:
“Un lavoro per famiglia

perlomen va garantito!”
E il Jobs Act? Solo un vagito,
un ignobile bla bla
che dà la precarietà!

Sulla Ue, sullo ius soli,
sul bavaglio a quei mariuoli
dei cronisti e dei piemme
Sergio tace, lemme lemme.

Il silenzio è un sedativo
se un problema è divisivo,
meglio prenderla più bassa
e lasciar che la melassa

blocchi un popolo già inerte
che al silenzio si converte
a ogni offesa indifferente.
Grazie, caro Presidente,

poiché con il suo saluto
questo popolo seduto
ha in un amen trasformato
in un popolo sedato.

blog MicroMega, 9 gennaio 2018

Lorenzo Guerini, politico mini

Il progetto sbagliato della piscina coperta e l’appalto taroccato per “salvare” Guerini.
(il Fatto Quotidiano, 5 maggio 2016)
A Lodi si indaga sulla piscina di Guerini.
(il Fatto Quotidiano, 6 maggio 2016)
Guerini, la politica è una cosa bella. Ma a volte anche no.
(il Fatto Quotidiano, 11 aprile 2017)

Lorenzo Guerini, politico mini

Il parlare di Guerini,
il più inan dei manichini
di un partito che è una frana,
può sembrare cosa vana,

come raccontare il nulla
di un cervello che non frulla,
di un motore che non romba,
di un leghista che non tromba.

In più c’è il dubbio che esista
pur se par vero alla vista,
un Rosato, ma civile,
una Debora al maschile,

la friulana pasionaria
con lui vice segretaria.
Nato a Lodi, nella bassa,
vegeta nella melassa

della bella cittadina
con onore e disciplina,
la politica lo tenta,
la Cattolica frequenta.

Dottor in Scienze politiche,
nutre convinzion granitiche
sul valore di Andreotti
e di tutti i suoi picciotti.

Democristo pien di ardore,
consigliere ed assessore
per la mitica Dc
e l’erede Ppi,

diventato popolare,
il marpion si dà da fare
ed è eletto, come niente,
in Provincia presidente,

il più giovane d’Italia,
un politico che ammalia
poiché a meno di trent’anni
poggia il cul sugli alti scranni.

Dopo il bis la sua carriera
sembra il Re sulla scacchiera
e fa il sindaco di Lodi,
precedendo i tempi e i modi

del toscan peracottaro
che in futuro sarà il faro
del burocrate Guerini.
Per far lieti i cittadini

questo sindaco emergente
nel Pd allora nascente
vuol far un polo sportivo
del valore complessivo

d’oltre dieci milion d’euro.
Manca chi chiami la neuro
e il progetto con piscina
parte con il nom Faustina.

I quattrin son del privato
che un doman sarà pagato
ottenendo la gestione,
ma a pagare è Pantalone

poiché la cooperativa
va ben presto alla deriva:
non ci sono più quattrini
e incominciano i casini

che poi porteranno al flop
coi ritardi per gli stop,
le penal non incassate,
le fideiussion pagate

coi quattrini comunali,
le infrazioni contrattuali,
le varianti dei progetti
con le frodi ed i trucchetti.

Di Guerini la piscina
sarà pure la rovina
del suo successor brighella
che andrà dritto dritto in cella.

Ma Guerini vien premiato
e diventa deputato
alla corte di Bersani.
Fiuta l’aria e l’indomani

salta sopra il carrozzone
del toscano fanfarone
che lo nomina suo vice
ed inutile appendice.

Portavoce del partito,
ogni tanto quel vagito
che vien fuori dalla gola
fa intuir qualche parola,

ma in realtà non dice niente
che sia logico e coerente:
serve solo al democristo
per dir: “Sono qui ed esisto!”

blog MicroMega, 21 aprile 2017

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