Il bis di Napolitano al Quirinale. Primo presidente rieletto, accetta dopo il pressing di Pd e Pdl.
(la Repubblica, 21 aprile 2013)
Alfano e Grasso ministri e l’ipotesi di due vice premier. Il programma sarà quello dei dieci saggi.
(ibidem)
Pd nel caos. E’ rischio scissione. Via la Segreteria, ora il congresso.
(ibidem)
In ginocchio da Re Giorgio. Il vincitore è Berlusconi.
(il Fatto Quotidiano, 21 aprile 2013)
A 88 anni “rimango per responsabilità”. Governissimo servito.
(ibidem)
Governo: inciucio con saggi.
(ibidem)
Vieni avanti, Schettino!
Pierluigi fu un pilastro,
ma ogni dì fece un disastro
prima e dopo le elezioni.
Col caimano Berlusconi
ritornato sulle vette,
il Pd tagliato a fette,
Matteo Renzi minaccioso
ed un Grillo vittorioso,
fu stratega straordinario
nell’ascesa al suo Calvario.
Alla caccia di un governo
che lo avesse come perno,
alleanze mendicò
ed i no collezionò
sia da Lega e Cinque Stelle
che da Monti e Pdl,
pur dicendo ad alta voce
che l’inciucio è un fatto atroce.
Col suo far sconsiderato
spinse il Capo dello Stato
a modificar l’agenda:
se il governo è una tregenda,
cominciam dal Presidente…
e Re Giorgio, in men che niente,
s’inventò ben dieci saggi
che con trucchi ed aggiustaggi,
da campion di taglio e cucio,
preparassero l’inciucio
al governo del domani.
Tornò in campo, poi, Bersani
per votare il Presidente.
Grillo inaspettatamente
si fissò su Rodotà,
campion di moralità
e a Bersani lo indicò:
“A lui non puoi dir di no,
per il ruol presidenziale
Rodotà par senza eguale.
Se concordi, lo eleggiamo
e al governo poi pensiamo”.
Pierluigi rifiutò,
chiamò Silvio e sussurrò:
“Scegli il nome che ti aggrada”.
Ma il Pd, stile masnada,
bocciò il povero Marini.
Per uscire dai casini
tirò fuori Mortadella.
La masnada, sempre quella,
affondò Romano Prodi
con i consueti modi
spesso usati nel passato.
Pierluigi, disperato,
con un piede nella fossa,
azzardò l’ultima mossa:
riesumar Napolitano
per la gioia del caimano,
dell’esimio professore
e di Giorgio, il salvatore,
la gang dei soliti noti.
Come fece Enrico Toti
nel buttare la stampella,
dopo la sua pennichella,
buttò Giorgio il pannolone:
“Per il ben della Nazione
sono pronto solo se
fate quel che piace a me:
un governo a larghe intese
per il bene del paese
ed il mal dell’italiano.
La salvezza del caimano
perché possa star tranquillo.
L’ostracismo a Beppe Grillo.
A ogni saggio un ministero.
E rinnovamento zero!,
poiché il nuovo spesso guasta
i vantaggi della casta”.
Così disse il Gattopardo
sventolando il suo stendardo.
Lo Schettino del Pd
accettò e…glu glu, sparì.
blog MicroMega, 22 aprile 2013