Tiro al bersaglio

Ricoveri fund.
(il Fatto Quotidiano, 29 maggio 2020)

Tiro al bersaglio

I gufi stavan fuori del Palazzo
aspettando la morte del pupazzo,
il presidente del Consiglio Conte
da molto tempo in battaglia al fronte.

I candidati a vincere la gara
per spedire il premier dentro una bara
eran oltre che tanti assai potenti
ma fino ad ora ahimè sempre perdenti.

Salvini ci ha provato con l’Emilia
ma le sardine han fatto mirabilia
e gli han citofonato: “Vaffanculo!”.
Ci ha provato, testardo come un mulo,

di Rignano l’ignobile ducetto
ogni giorno studiando un trabocchetto
per fare fuori Conte: i Benetton,
la fase uno, il Mes, la prescrizion,

l’orario delle conferenze stampa,
la fase due e l’Ilva che non campa,
l’Alitalia, l’aiuto agli evasori
e Alfonso Bonafede da far fuori,

ma ha eliminato con la sua offensiva
invece del premier Italia viva
ormai ridotta a men del tre per cento.
Poteva cacciar Conte il fallimento

dei Cinque Stelle e di Gigi Di Maio
sempre descritti in mezzo a un ginepraio,
nel baratro, nel caos, dentro un abisso,
in una bara o in più pezzi scisso.

Ma Gigi e i Cinque Stelle restan lì.
Ci ha fatto un pensierino anche il Pd
che vuole ritornar protagonista

contro un premier che è tutti i giorni in pista,

ma cambiare la guida è faticoso
e Zingaretti non è bellicoso:
Draghi, Colao, Cantone, Franceschini
non sono di Giuseppi ancor becchini.

Hanno aspettato i gufi in allegria
la fase due della pandemia
preannunciando terribili rivolte
con le forze dell’ordine travolte

nelle piazze da enormi gruppi armati:
assalti a bancomat, supermercati,
morti, feriti, ambulanze in corsa
e l’Italia schiacciata nella morsa

di una rivoluzione popolare.
Non è successo ahimè, niente da fare.
Ma la speranza è l’ultima a morire
con tutti i giornaloni pronti a dire:

“I Paesi frugali della Ue
schiacceranno quel pirla del premier
riducendolo ad una sottiletta
mentre ci illude con la barzelletta

del Recovery fund, degli Eurobond.
E con il culo fatto a mappamond
faranno di Giuseppi un mendicante
da cacciar dal governo sull’istante.

Una volta di più gli è andata male
poiché la ha avuta vinta il criminale:
gli Eurobond prima o dopo arriveranno.
“Ragion di più perché questo tiranno

venga cacciato via! – è l’anatema
di tutti i predatori del sistema. –
“Se ci sono quattrin da sputtanare
nessun meglio di noi lo saprà fare!”

blog MicroMega, 10 giugno 2020

Zinga, rosso antico, nuovo un fico

Zingaretti apre le liste. “Neanche un voto va perso alle Europee”.
(la Repubblica, 27 marzo 2019)
Zanda: “Finanziare i partiti? Lo dice la Costituzione, non cedo all’antipolitica”.
(la Repubblica, 29 marzo 2019)
Nuovi diserbanti: Zanda.
(il Fatto Quotidiano, 30 marzo 2019)
La difficile unità Pd-Mdp. D’Alema a Zingaretti: “Dai un segno di sinistra”.
(la Repubblica, 7 aprile 2019)
Rosato: “A che serve recuperare il fuoriusciti? Valgono il massimo l’un per cento”.
(ibidem)

Zinga: rosso antico, nuovo un fico

Se questo è il bel Pd di Zingaretti
sia lecito additare i suoi difetti
considerato che il rinnovamento
di certo non appare a un occhio attento.

Nuovo non è il tesoriere Zanda
che propone ogni dì un’azion nefanda:
oggi l’aumento infam della mercede
per chi affamato in Parlamento siede,

ieri il ritorno dei finanziamenti
per i partiti ormai senza proventi.
Nuovo non è il compagno di merenda,
quel Renzi al cubo ch’è Carlo Calenda,

becchino di un partito in agonia.
Nuovo non è Giuliano Pisapia,
l’eterno sor Tentenna pendolante
fra il centro e la sinistra accomodante.

Nuovo non è Simona Bonafé
nel centro Italia candidata Ue,
super renziana ancora più del tosco
che nel partito fa l’uccel di bosco.

Nuovo non è il Ni agli scissionisti
costretti a candidar poveri cristi
per non fare soffrir troppo Giachetti
che vorrebbe schiacciarli come insetti.

Nuovo non è il manual Cencelli
col quale par Nicola si arrovelli
per tener buoni sia i capibastone
che i cacicchi local sempre in azione.

Nuovo non è il silenzio sul passato,
su tutti i guai che Renzi ha combinato
sia col Jobs Act che con la Buona Scuola.
Nuovo non è non dire una parola

sui comitati civici renziani
che usciran dal Pd dopodomani.
Nuovo non è il fatto che l’agenda
per il futuro ormai sia una leggenda:

Zingaretti ne parla e ne riparla
ma fino a adesso è stata solo ciarla,
nero su bianco non si è visto nulla,
con la penna nessuno si trastulla

per il timore che un nuovo programma
faccia scattare dei renziani il dramma
e la finta unità che par raggiunta
in realtà sia già bella che defunta.

Nuovo non è la guerra ai 5 Stelle
dei qual si vedon sol le marachelle
cercando di trovare il pel nell’uovo
senza apprezzar gli sforzi verso il nuovo.

Una sola domanda a Zingaretti:
“Se grazie al finto nuovo che prometti
per un miracolo otteneste mai
il ventidue per cento, fin dei guai?

Col ventidue per cento, buon Nicola,
non si governa, l’hai imparato a scuola.
Perciò il dì della scelta si avvicina:
o con i 5 Stelle o la rovina”.

blog MicroMega, 30 aprile 2019

Non cresce il Pil, l’Istat è ostil

Pil troppo basso, rivalutiamolo. Il premier (Berlusconi): irrealistica una crescita di appena il 4% nel 2002 mentre salgono occupati e consumi elettrici. Dobbiamo tener conto di imprese in nuovi settori.
(la Repubblica, 15 gennaio 2003)
Pil, il giorno della verità: crescita nel secondo semestre, oggi il dato definitivo.
(la Repubblica, 2 settembre 2016)
“L’Istat rileva i dati in maniera vecchia”. Palazzo Chigi va all’attacco dell’Istituto.
(ibidem)
Pil, crescita zero, ma è + 0,7 per l’anno. Confermata la frenata dell’economia nel secondo semestre.
(la Repubblica, 3 settembre 2016)
La figuraccia di Renzi e Padoan: il Pil è fermo.
(il Fatto Quotidiano, 3 settembre 2016)

Non cresce il Pil, l’Istat è ostil

Silvio è sempre un vero spasso:
“Questo Pil è troppo basso,
basta dare un colpo d’occhio
per capir che c’è un pastrocchio.

Va assai ben l’economia,
al gran Ponte ho dato il via,
tanti i posti di lavoro
e la Borsa è tutta un “toro…

C’è qualcosa che non va,
certo l’indice sarà.
Coinvolgendo grandi esperti
credo proprio che si accerti

che coi giusti indicatori
del Pil salgono i valori”.
Silvio è come l’ammalato
che ha la febbre misurato

e, trovandola un po’ altina,
come giusta medicina
col termometro s’incazza
et voilà, se ne sbarazza.

Senza cure quel paziente
muore assai rapidamente,
dal becchino è sotterrato
freddo, rigido, sfebbrato.

Son passati tredici anni
ed al vecchio barbagianni
subentrato è un fanfarone
con la stessa fissazione.

“L’Istat ch’è al governo ostil
dice che non cresce i Pil,
ma è una balla bella e buona!
Lì qualcosa non funziona.

La Nazione ha il vento in poppa,
è un cavallo che galoppa,
tutta crescita e sviluppo,
la miglior di tutto il gruppo.

Malaffare e corruzione,
intrallazzi ed evasione,
mafia, ‘ndrangheta e camorra
sono spinta, non zavorra

per il mio governo che
è il migliore della Ue!
Coi suoi metodi antiquati
l’Istat falsa i risultati.

Si corregga in tutta fretta
o farà la fin di Letta
licenziato con disdoro!”
Tutti corrono al lavoro,

si lambiccan le cervici,
usan le calcolatrici,
i pc e i pallottolieri
come i bimbi fini a ieri.

Fanno conti senza fine
con le vecchie tabelline
che non usan da una vita,
contan con le dieci dita,

fanno somme sottrazioni,
logaritmi, divisioni.
Fra di lor scambiano i dati,
stampan mille tabulati,

fanno i conti e li rifanno
su lavagne, gesso e panno.
Ma quel più non salta fuori
senza dei prestigiatori

ed a Renzi han ribadito
che il Pil non è, ahimè, salito,
se ne faccia una ragione.
La reazion del fanfarone

il feral silenzio squarcia:
“Proseguiam la lunga marcia
che ci porterà allo sfascio!
Italiani, non vi lascio!”

blog MicroMega, 6 settembre 2016

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