Un altro guaio, Gigi Di Maio

Di Maio, la prima biografia amica. “Se fallisco, lavapiatti a Bruxelles”.
Prosegue la preparazione della corsa verso Palazzo Chigi: ieri il bacio alla teca di San Gennaro.
E un volume ne celebra le gesta.
(la Repubblica, 20 settembre 2017)

Un altro guaio, Gigi Di Maio

Dopo Craxi, Berlusconi
ed il re dei fanfaroni,
detto il Bomba di Rignano,
si può dir che l’italiano

abbia visto ormai di tutto:
un caimano, un farabutto
e un ignobile marmocchio
più bugiardo di Pinocchio.

Ma si sa com’è la vita:
tocchi il fondo con le dita,
ma se scavi vai più giù
e ti puoi trovar…cucù!

da premier anche Di Maio
con il suo burattinaio
che lo spinge nel Palazzo,
“Affanculo, avanti, cazzo!”

Di lui non sappiamo molto,
se sia saggio, se sia stolto,
se è capace di pensare
o soltanto di cianciare

come fanno i Cinque stelle
sulle tante marachelle
di un Paese disastrato.
Si presenta assai azzimato,

eleganza da piazzista
più che da bravo statista.
Sa parlare affabilmente
su che vuol sentir la gente,

da politico cialtrone
che la pubblica opinione
segue più che indirizzarla
con la populista ciarla.

Un biografo ufficiale
fa un ritratto eccezionale
del messia pentastellato
che è di Gandhi appassionato.

Nato in quel di Pomigliano
nel milieu napoletano
nel radioso ottantasei
come dono degli dei,

fa l’asilo alle Orsoline
che già chiama cittadine
prima ancor che Beppe Grillo
gli trasmetta il suo bacillo.

Alla scuola elementare
il miglior fra tutti appare
questo ragazzino sveglio
e alle medie va ancor meglio,

di bei voti fa man bassa
e gestisce pur la cassa.
Nel miglior liceo, l’Imbriani,
è un titano fra i titani.

L’insegnante Rosa Manna
è per lui tutta un osanna:
“Coi capelli ben curati,
viso e collo ben rasati,

look per nulla stravagante,
nell’esposizion brillante,
un acuto osservatore,
gioia d’ogni professore.

Ottimo in filosofia,
un po’ meno in geografia…
confondeva – Rosa svela –
ahimè Cile e Venezuela.

Debole sui congiuntivi,
per lui d’ogni senso privi
poiché Gigi era ammalato
quando in classe ne ho parlato

nei dettagli e senza fretta”.
Un’ immagine perfetta.
Poi all’Università
molto meno bene va:

prova a fare l’ingegnere,
ma non sembra il suo mestiere,
passa a far Giurisprudenza,
ma di laurea è ancora senza,

fuori corso a trentun anni.
Del grillino con i panni
vince le trionfal primarie,
dette le parlamentarie,

con men di duecento voti,
un prodigio. Fra i devoti
del paisà santo, Gennaro,
si schierò perciò il somaro

candidato presidente.
Gli diciam sommessamente:
“Gigi, chi bacia la teca,
ipso facto, è una ciofeca!”

blog MicroMega, 27 settembre 2017

Cuomo, il funambolo del vitalizio

Il sindaco Cuomo e il miracolo del vitalizio.
Il 15 settembre scatta l’assegno privilegiato anche per lui, eletto a Portici il 13 giugno.
(il Fatto Quotidiano, 14 settembre 2017)
15 settembre. Oggi è il V-Day, scatta il vitalizio per tutti.
(il Fatto Quotidiano, 15 settembre 2017)
Il capolavoro del senatore Cuomo, tre giorni da fantasma per portare a casa la pensione.
(il Fatto Quotidiano, 16 settembre 2017)

Cuomo, il funambolo del vitalizio

Qui si narra l’avventura
di un piddino che si cura
molto bene i propri affari.
E’ un gregario fra i gregari

dal nom di Vincenzo Cuomo.
Questo nostro valentuomo,
già apprezzato senatore,
per il suo grande valore

vien dal popolo votato
sindaco, terzo mandato.
La città riprende in pugno
addì tredici di giugno.

Dove? A Portici, città
che sotto il Vesuvio sta.
Il legislator però
a Vincenzo dice: “No,

le due cose non puoi fare,
a una devi rinunciare:
sindaco o senatore”.
Cuomo, che è pieno d’amore

per la propria cittadina,
al legislator s’inchina:
“Del Senato farò a meno”,
ma poi viaggia con il freno.

Dalla limpida elezione
alla sua proclamazione
passan trentasette dì.
“La burocrazia è così!”,

spiega con qualche farfuglio.
Giunti quindi al venti luglio
sindaco vien proclamato
e per dire addio al Senato

restan trenta giorni a Cuomo.
Dopo nove il galantuomo
manda la raccomandata
con destinazion sbagliata,

molto sfortuntamente.
Non la manda al Presidente,
il cui ufficio è aperto a agosto,
ma alla Giunta che all’opposto

chiude per la pausa estiva.
La raccomandata arriva
all’ufficio protocollo
il trentuno, dice il bollo.

Quindi Cuomo si è dimesso…
Niente affatto poiché adesso
la convalida ci vuole
ed è chiaro come il sole:

deve intervenir la Giunta.
Qui la Pezzopane spunta
che di Cuomo è grande amica
e riesce a gran fatica

a riunire il comitato,
ma a settembre ormai avanzato.
Giunge il dodici e il Consiglio
tratta Cuomo come un figlio:

“Ti dimetti. Sei sicuro?
Hai pensato al tuo futuro?
Non decidere di fretta,
qualche giorno ancora aspetta.

Va, ci rivediamo qui
entro i prossimi tre dì!”
Cuomo il quindici è tornato:
“Mi dimetto dal Senato!”

uarda che combinazione!
Si è dimesso quel cialtrone,
dopo mille e un artifizio,
proprio quando il vitalizio

è scattato a suo favore.
Fu question di poche ore,
ma alla fine ci è riuscito.
San Gennaro l’ha esaudito.

blog MicroMega, 22 settembre 2017

Violante, voce del verbo violare

Luciano Violante, la Magna Charta degli impuniti.
(il Fatto Quotidiano, 30 marzo 2017)
Violare, violando, Violante.
(il Fatto Quotidiano, 31 marzo 2017)

Violante, voce del verbo violare

Nell’arena giudiziaria
fu davvero straordinaria
la vicenda di Violante:
magistrato martellante,

paladin della galera
ad inizio di carriera,
man man che il tempo è passato
si è Violante trasformato

da formal giustizialista
a perfetto garantista,
da guardiano della legge
a chi i malfattor protegge.

Fu lui che scrisse ogni riga
dell’impeachment di Cossiga
che a quel tempo interveniva
in maniera molto attiva

sui poteri dello Stato,
cosa che ha poi replicato
all’ennesima potenza
Giorgio Re, Sua Prepotenza,

con il plauso di Violante.
Difensor fu gongolante
del Pool di Mani pulite,
tanto che per le sue uscite

detto fu in parole dure
boss del team delle Procure.
Quando Silvio scese in campo
costui definì in un lampo

il partito del forzista
come banda piduista
pronta ad atti spaventosi
con l’aiuto dei mafiosi.

Quando i ladri hanno poi vinto
e divenne il caro estinto
l’entusiasmo della gente
per la legge ormai perdente

incarnata da Di Pietro,
una lesta marcia indietro
da Violante fu innestata
per far il capo cordata

del ploton di garantisti
a sostegno dei forzisti.
Del caimano fu il lacchè,
difensor dei suoi danè,

ne scomunicò i processi,
sponsor fu dei suoi interessi
e con Mediaset fraterno,
motor di un inciucio eterno.

Lodò la bicamerale,
mix di rosso e radicale,
di D’Alema e di Boato
fatta contro il magistrato.

Fece guerra alle Procure
per le ignobili brutture
sui politici a processo.
“Processare non è ammesso

le alte cariche di Stato!”
Duramente ha condannato
la Procura di Palermo
per l’atteggiamento fermo

preso verso il Quirinale:
“E’ un’azione criminale
quella di Marco Travaglio
che ha Re Giorgio per bersaglio

e sul Fatto Quotidiano
ogni giorno fa baccano!
Spinger la magistratura
a far guerra addirittura

alle Istituzion di Stato
è un’azion da scellerato,
ben vicina all’eversione!”
proclamò il saggio fellone.

Sulla legge Severino
con il suo cervello fino
si schierò da scudo umano
a difesa del caimano.

“Questa legge è un gran bidone,
fuor della Costituzione,
non può esser retroattiva!”
Ma la Corte fu cattiva

e la legge confermò.
E’ finita? Ancora no,
poiché spunta Minzolini
che ha abusato dei quattrini

in missione per la Rai.
Nonostante gli alti lai,
vale ancor la Severino
e pertanto il poverino

deve uscire dal Senato.
Ma il Pd si è rifiutato
di avvallare la sentenza
e vi resta Sua Indecenza,

per la gioia di Violante
che sentenzia delirante:
“Ove il Codice penale
della pubblica morale

diventasse Magna Charta,
certo arriveremmo in quarta
a un vil autoritarismo
e a un feral giustizialismo!”

“La creazione autoritaria
di un’Italia giudiziaria
che al galoppo sta arrivando
è un pericolo nefando!”

La morale toglie il fiato:
“Chi partì da magistrato
ora sta con malfattori,
deputati e senatori

ed onore e disciplina
son finiti, ahimè, in rovina,
fuor della Costituzione
anche grazie a ‘sto cialtrone!”

blog MicroMega, 18 aprile 2017

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